Nel romanzo, ''Sogno a Herrenberg'' (1991) Giuliana Morandini concentrava tutte le passioni che hanno segnato la sua la vita. In primo luogo la pittura, perché la storia - che si svolge nella Germania del Cinquecento - ha infatti come protagonista un pittore realmente vissuto ma di cui non si hanno molte notizie, Joerg Ratgeb, un primitivo della scuola tedesca. ''Quando ero bambina avevo una grande passione per il disegno, ma non mi riusciva di fare neanche un fiorellino. Allora ho sviluppato l' interesse critico per il colore, le linee, la geometria che mi ha portato ad essere un patita di storia dell'arte'', raccontava l' autrice scomparsa oggi a Roma. Poi Venezia, città in cui lei - nata a Pavia di Udine nel 1938 - viveva in alternanza con Roma, dividendosi tra le due città più belle del mondo e coltivando così la sua naturale vocazione di scrittrice di frontiera. Frontiera fisica, ma anche interiore da scardinare come il più fragile dei misteri. Infine l'ambiente culturale mitteleuropeo e la nascita della cultura Europea, fino alla ricerca delle sue radici. ''Sono convinta - aveva detto ancora in un'intervista - che chi scrive oggi abbia il dovere di sentire i problemi politici e culturali che segnano il suo tempo. Allora come oggi ci troviamo di fronte ad un muro, non bisogna chiudere gli occhi ma cercare di vedere oltre''. Del resto Giuliana Morandini, aveva dedicato una trilogia di romanzi al problema dell'identità perduta, ''I Cristalli di Vienna'', ''Caffé specchi'' e ''Angelo a Berlino'', con una particolare predilezione per le figure femminili e quelle dei vinti che avevano trovato la summa nella sua prima intensa opera: ''E allora mi hanno rinchiusa'' (1977) un saggio sui manicomi femminili. La Germania, che lei definiva ''il posto della mia anima'', è stata la spinta della sua attività critica, occupandosi soprattutto della letteratura in lingua tedesca e di teatro. Oltre ad aver curato la pubblicazione di opere di Euripide e di Beckett, e dell'edizione tedesca dei lavori teatrali di Pasolini. L'ambientazione in area germanica torna anche in ''Giocando a dama con la luna (1995), che analizza le contraddizioni di un Paese diviso tra il classicismo ideologico, nutrito dall'amore per l'arte greca, e la passione bellica di conquista. Nell'antologia La voce che è in lei (1980) ha proposto una scelta di opere di scrittrici e poetesse poco conosciute dell'Ottocento e del Novecento. Il suo sforzo del resto è sempre stato quello di cercare di uscire dalla dimensione provinciale di tanta letteratura italiana e cercare di inserirsi in una dimensione europea. ''Ho cosi' scoperto donne che mi hanno insegnato tanto e che usavano la scrittura per uscire dal silenzio in cui erano costrette, rivelando emozioni che sentivo molto vicine ancora alle mie di oggi'' spiegava. Le donne sono protagoniste anche di numerosi suoi romanzi, in un clima di smarrimento alla ricerca di un'identità o di una memoria da recuperare, i già citati I cristalli di Vienna (1978); Caffè Specchi (1983); Angelo a Berlino (1987). In Sospiri e palpiti. Scrittrici italiane del Seicento (2001) ha rappresentato il XVII secolo, nel quale le donne hanno avvertito una particolare esigenza espressiva. Nel 2006 ha pubblicato Notte a Samarcanda, in cui raccontava l'Islam nei territori dell'ex Urss. Nel 2007 è stata nominata Commendatore della Repubblica Italiana. Con i suoi libri ha vinto numerosi premi, il Prato, il Viareggio, il Flaiano. Finalista al Campiello con L'Angelo a Berlino, non lo ho ha mai vinto. Una cosa Giuliana Morandini sapeva fare come pochi altri, dare al mistero una luce quotidiana.
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