(ANSA) - ROMA, NOV 30 - Giacomo Oreglia, titolare
dell'Italica di Stoccolma, che pubblicava autori italiani,
pattuiva con essi che, in caso di vincita del Nobel, avrebbero
dovuto riconoscergli un contributo. Quasimodo tenne fede alla
parola e gli diede 20 milioni; Montale, invece, che ne aveva
promesso 50, si limitò a chiedergli se in Svezia il Premio
venisse tassato dallo Stato.
Oreglia, che pubblica diversi libri di Luzi e insegna
all'Istituto italiano di Cultura, quando la Farnesina decide di
sistemare giuridicamente il personale precario estero e a
Stoccolma arriva come ambasciatore Sergio Romano, deve
scegliere se fare il docente o l'editore. Qualcuno suggerisce
una soluzione "tecnica": intestare l'«Italica» alla figlia.
Oreglia non solo rifiuta, ma attacca l'ambasciatore Romano su
giornali svedesi - racconta ancora Grasso - e
italiani, facendo la vittima (ruolo che non gli si addice
proprio), urlando che, senza l'Italica, Quasimodo e Montale non
avrebbero avuto il Nobel. Nell'operazione coinvolge la natura
generosa di Luzi, che sposa le sue ragioni e interviene a suo
favore. Le polemiche, però, non piacciono agli Accademici, che
accantonano definitivamente il nome del poeta toscano''. (ANSA).
Mario Luzi e il Nobel mancato per il libraio di Stoccolma
Su 'Libertà' di Piacenza Grasso racconta vicenda di Oreglia