Cultura

Libri: Venturini, L'anno che a Roma fu due volte Natale

Romanzo irriverente e nostalgico ambientato sul litorale romano

Redazione Ansa

di Marzia Apice (ANSA) - ROMA, 09 FEB - ROBERTO VENTURINI, L'ANNO CHE A ROMA FU DUE VOLTE NATALE (SEM, pp.192, 17 euro). Il sottoproletariato tanto caro a Pasolini e il trash anni '80, la nostalgia che rincorre un'irriverenza insopprimibile, l'immaginario pop e i riferimenti ai grandi nomi della cultura, la lingua che gioca a divertirsi col dialetto ma senza eccedere mai, e poi Roma bella e indolente, che da lontano come una madre abbraccia le sue periferie. Cammina sul filo dei contrasti il libro di "L'anno che a Roma fu due volte Natale" di Roberto Venturini, edito da SEM e in libreria dal 4 febbraio. In questa seconda prova (dopo "Tutte le ragazze con una certa cultura hanno almeno un poster di un quadro di Schiele appeso in camera", sempre con lo stesso editore, libro che ha vinto il Premio Bagutta Opera Prima nel 2018), lo scrittore conferma il suo talento e confeziona per i lettori un'opera ironica e originale, costellata di personaggi che lasciano il segno. L'ambientazione scelta è Torvaianica, sul litorale romano, incredibilmente imbiancata dalla neve, in quel famoso Villaggio Tognazzi in cui il popolare ambisce a qualcosa di più e che per alcuni anni è stato una piccola propagazione in versione "marina" di Cinecittà. Lì, ai tempi d'oro del cinema, registi, sceneggiatori, giornalisti e grandi star trascorrevano con Ugo Tognazzi e i suoi amici il tempo libero d'estate, partecipando a un torneo di tennis diventato mitico (ben 25 edizioni dal 1966, il vincitore si aggiudicava l'agognato scolapasta d'oro). Tra le villette fronte mare del villaggio c'è quella di Alfreda, accumulatrice seriale, obesa e diabetica, rimasta vedova troppo presto e ormai annientata dai dispiaceri.
    La casa, che il disagio di Alfreda ha reso un tugurio infestato dagli insetti, deve necessariamente essere ripulita e svuotata, altrimenti interverrà l'ufficio d'igiene. Ma lei, che inizia a soffrire di demenza senile, non se ne cura troppo e di notte sogna Sandra Mondaini: nel suo delirio la donna immagina che l'attrice, conosciuta tanti anni prima al Villaggio Tognazzi, le racconti la propria sofferenza perché non può riposare accanto al marito Raimondo Vianello sepolto a Roma mentre lei è al cimitero di Lambrate. Alfreda decide che bisogna "sanare" questa ingiustizia e dà il compito a suo figlio Marco, al vecchio pescatore Mario e a Er Donna, il travestito più richiesto della via Pontina, di trafugare la salma di Raimondo dal Verano e portarla accanto a quella di Sandra. Una pazzia? Forse, ma è questa la condizione che Alfreda mette per lasciare che la sua villetta venga sgombrata.
    Mentre il grottesco e l'ironia su cui l'autore costruisce la storia divertono affiancandosi alla fotografia spietata di una realtà degradata e un'umanità dimenticata - tra solitudini, criminalità e vite ai margini - che fa poco sorridere, la trama trascina in una lettura capace di correre spedita e leggera, anche quando i temi si fanno forti. E forse è proprio questa la forza del libro, ossia mostrare la convivenza difficile e tuttavia mai improduttiva degli opposti, perché neppure la bruttezza può uccidere la meraviglia e in fondo si può sorridere di tutto anche se con amarezza. (ANSA).
   

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