(di Marzia Apice)
(ANSA) - ROMA, 11 OTT - BOSSY, ANCHE QUESTO E' FEMMINISMO, a
cura di Biancamaria Furci e Alessandra Vescio; introduzione di
Irene Facheris (Edizioni Tlon, pp.248, 16 euro). L'abilismo e il
fat shaming, l'omolesbobitransfobia e la mascolinità tossica,
così come il classimo, lo sfruttamento sul posto di lavoro e la
mancata rappresentazione di alcune "categorie" di persone al
cinema e in tv: è riduttivo e dannoso pensare che "solo" le
donne siano una "questione femminista", perché lo sono
altrettanto tutte le marginalizzazioni prodotte dalla società
patriarcale. Sulla "intersezionalità" che necessariamente deve
caratterizzare il movimento femminista, a prescindere quindi da
genere, orientamento sessuale, etnia, credo o cultura di
appartenenza, si concentra il libro "Anche questo è femminismo"
di Bossy, associazione no profit nata nel 2014 che si occupa di
parità e si batte per i diritti lgbtqia+. In libreria con Tlon
dal 6 ottobre, a cura di Biancamaria Furci e Alessandra Vescio,
con l'introduzione di Irene Facheris, il volume presenta i
contributi di 17 autrici e autori per indagare lo stato attuale
delle emarginazioni e far comprendere come il femminismo dei
nostri giorni sia impegnato a combattere ogni forma di
oppressione. Ripercorrendo alcuni fatti centrali nella storia
del movimento femminista e lgbtqia+ ma anche con frequenti
incursioni nell'attualità, il libro illustra al lettore
l'origine e le tante ramificazioni delle discriminazioni,
sottolineando che può capitare a chiunque di essere
inconsapevolmente veicolo di una qualche forma di
marginalizzazione e pregiudizio, proprio per le radici profonde
che queste hanno nella cultura patriarcale in cui noi tutti
siamo immersi. Interessanti i punti di vista che via via vengono
presentati: se si pensa al tema della disabilità legato al
genere, per esempio, il riferimento è ai feminist disability
studies (fds), nati proprio per criticare da un lato i
disability studies, che hanno "fatto riferimento solo al modello
sociale della disabilità, dal quale il corpo è totalmente
escluso", ma anche i femminismi non intersezionali, per "aver
considerato la donna esclusivamente come non disabile e di aver
combattuto soltanto il sessismo ordinario, finendo così per
condividere il paradigma abilista dominante". Per quanto
riguarda lo stigma del corpo grasso, la "desessualizzazione
delle donne grasse, l'insistenza su quanto poco siano
desiderabili, il bollare come fetish qualsiasi tipo di
attrazione romantica o sessuale verso di loro rende ancora più
difficoltoso denunciare violenza e molestie o riconoscerle come
tali". Il libro analizza anche la valenza "politica" di tutte le
storie raccontate nei prodotti audiovisivi, che sembrano
universali ma non riguardano tutte le persone e neanche una
fetta minimamente rappresentativa del pubblico, ma solo una
nicchia, e che sono espressione del gruppo di potere che ha "il
controllo dei racconti e delle modalità con cui vengono
sviluppati". O ancora, nella società in cui viviamo, di stampo
patriarcale, razzista, sessista, omofobo, transfobico e
abilista, perfino il movimento lgbtqia+ ha commesso dei passi
falsi: si pensi per esempio al "Pride", la celebre
manifestazione di orgoglio e appartenenza che per anni si è
chiamata "gay pride", escludendo di fatto un'enorme parte della
stessa comunità. In questo contesto così complesso, Bossy fa
riflettere su come il femminismo intersezionale non possa
tirarsi indietro dall'affrontare queste dinamiche di
discriminazione e disuguaglianza violente e persecutorie, spesso
minimizzate nella società e bollate come problemi di autostima,
affinché nessuno venga lasciato indietro a combattere da solo la
propria battaglia.
AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO, "Anche questo è femminismo" sarà
presentato il 16 ottobre alle 14.30 (Sala Londra, Centro
Congressi): Maura Gancitano dialoga con Virginia Cafaro,
Biancamaria Furci, Irene Facheris e Alessandra Vescio di Bossy.
(ANSA).
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