(ANSA) - ROMA, 16 NOV - Per gentile concessione della casa
editrice Rizzoli pubblichiamo l'estratto 'Come nascono le idee'
dal libro 'In un volo di storni. Le meraviglie dei sistemi
complessi' di Giorgio Parisi, Premio Nobel per la Fisica 2021,
dal 16 novembre in libreria per Rizzoli e in edicola con Il
Corriere della Sera.
Ecco l'estratto 'Come nascono le idee' :
"Nella ricerca le nuove domande che nascono via via sono più
numerose delle risposte
che riusciamo a ottenere.
Da dove vengono le idee? Come si formano, nella testa di un
fisico teorico come me? Quali tipi di procedimenti logici
utilizziamo? Non intendo parlare esclusivamente delle grandi
idee, quelle che modificano la storia dell'umanità, la storia
del pensiero; voglio invece parlare di quella che è stata
chiamata 'microcreatività', ovvero delle piccole idee di tutti i
giorni che nell'ambito scientifico sono cruciali per fare
progressi. Per me un'idea è un pensiero inaspettato,
sorprendente, assolutamente non banale.
Vorrei partire da Henri Poincaré e Jacques Hadamard. I due
matematici, vissuti a cavallo tra il diciannovesimo e il
ventesimo secolo, hanno ripetutamente descritto i modi in cui
nascevano le loro idee matematiche e hanno un punto di vista
simile. Entrambi affermano che nella dimostrazione di un teorema
di matematica si possono identificare più fasi.
C'è una prima fase di preparazione in cui si studia il problema,
si legge la letteratura scientifica, si fanno i primi
infruttuosi tentativi di soluzione. Dopo un periodo che può
essere compreso tra una settimana e un mese, questa fase si
esaurisce in quanto non vengono fatti progressi. C'è poi un
periodo d'incubazione in cui il problema viene abbandonato
(almeno consciamente). L'incubazione termina di colpo con un
momento d'illuminazione; questa avviene spesso in una situazione
non correlata al problema che si vuole risolvere, ad esempio
parlando con un amico, anche di argomenti non connessi. Alla
fine, dopo l'illuminazione che indica le linee generali con cui
affrontare il problema, bisogna fare effettivamente la
dimostrazione. Questo può essere un periodo molto lungo: si deve
verificare se l'illuminazione era corretta, se la strada è
davvero percorribile, eseguire tutti i passaggi matematici
necessari per esplicitare la prova. Ovviamente ci sono casi in
cui l'illuminazione si rivela sbagliata: assume la validità di
passaggi che non si possono dimostrare. E allora bisogna
ricominciare da capo.
La descrizione è molto interessante e suggerisce un ruolo
prominente del pensiero inconscio. Anche Einstein era d'accordo
su questo ruolo: infatti in varie occasioni ha sottolineato
l'importanza che aveva per lui il ragionamento inconscio. Non ci
sono dubbi che sia molto comune il procedimento di accantonare
un problema difficile, far sedimentare le idee, affrontarlo a
mente fresca e risolverlo.
Il proverbio «La notte porta consiglio» esiste in tantissime
lingue: Consiliis nox apta; Night is the mother of counsel; Die
Nacht bringt Rat; Il est utile de consulter l'oreiller; Antes de
hacer nada, consúltalo con la almohada (l'oreiller e la almohada
sono il cuscino); La note xe la mare d'i pensieri.
Passando dai grandi problemi a problemi più banali, vorrei
raccontarvi un'esperienza personale. Molto spesso, per le mie
ricerche in fisica teorica, devo scrivere i programmi sul
computer, attività che trovo divertente e rilassante.
Il computer è una macchina del tutto priva di buon senso, e
quindi fa esattamente quello che gli si dice di fare e si
attiene con una precisione esasperante al significato letterale.
Se si parla con un essere umano e gli si dice di prendere una
strada e poi andare sempre dritto, per fortuna non esce di
strada alla prima curva; invece questo comportamento sarebbe
naturale per un computer, a meno di non essere stati
estremamente precisi nell'indicare che cosa si intendeva con
'andare dritto'.
Per quanti sforzi si facciano, molto spesso la prima volta
quello che si chiede al computer di fare è sottilmente diverso
da quello che si voleva chiedere davvero. Un nuovo programma,
scritto in uno dei tanti linguaggi di programmazione, spesso non
funziona: se facciamo dei test semplici dà risultati del tutto
diversi da quelli attesi (almeno questa è la mia esperienza:
ovviamente più un programmatore è bravo, più fa centro al primo
colpo). Mi è capitato innumerevoli volte di combattere tutta la
mattina per cercare di capire che errore avessi fatto: leggevo
accuratamente il programma, riflettevo su tutte le istruzioni,
una dopo l'altra, mi domandavo se le virgole erano giuste, se
mancava un punto e virgola, se c'era un uguale di troppo o un
uguale di meno, senza riuscire a venirne a capo. Poi, mentre
tornavo a casa in macchina, a metà del tragitto mi veniva in
mente: «Ecco qual è l'errore!», e arrivato a casa verificavo che
l'avevo effettivamente trovato.
Questo è un caso molto comune. Un'altra volta - purtroppo una
sola volta in vita mia - c'è stato un episodio della stessa
natura, ma più spettacolare. Insieme ad altri colleghi avevo
affrontato un problema molto difficile; avevamo cercato di
capire quale fosse la strategia per risolverlo, senza successo.
Per un lungo periodo (dieci-quindici anni) erano state proposte
varie approssimazioni: io personalmente avevo lavorato sul
problema ma l'avevo abbandonato perché mi pareva troppo
difficile. Tuttavia a pranzo, durante un convegno, un amico mi
dice: 'Sai, il problema sul quale avevi lavorato è molto
interessante, perché la sua soluzione avrebbe una serie di
applicazioni al di fuori di quelle a cui si pensava una volta'.
Io gli ho risposto: 'Ma allora si deve fare uno sforzo per
risolverlo.
Forse si potrebbe provare a...' e gli ho esposto passaggio dopo
passaggio la strategia per risolvere il problema, strategia che
poi si è rivelata essere quella corretta". (ANSA).
Giorgio Parisi, un estratto dal libro 'In un volo di storni'
Per gentile concessione di Rizzoli, esce 16 novembre