(di Paolo Petroni)
(ANSA) - ROMA, 29 MAR - Nei periodi di crisi profonda,
economica certamente, ma in genere anche politica e ideologica,
nasce la necessità di affrontare più direttamente la realtà, per
conoscerla, indagarla, trovarvi spunti per riflettere, cercare
risposte per agire. E' successo tra la fine degli anni '30 del
Novecento, quando esce 'Tre operai' di Carlo Bernari, e il
dopoguerra con i romanzi di Pratolini, da 'Metello' in poi, sino
agli anni '60 coi romanzi di Ottiero Ottieri o Paolo Volponi,
passando dal cosiddetto neorealismo alla letteratura
industriale, riaccade inevitabilmente oggi e, per fare il punto,
ecco che è nato il Festival di Letteratura Working Class.
In libreria si sono cominciati a vedere libri che affrontano
e raccontano la realtà dura del lavoro, operaio e non, oggi.
Bompiani ha pubblicato da poco 'Alla linea' di Joseph Ponthus
(pp. 258 - 17,00 euro) che per sue vicende esistenziali si è
trovato a lavorare alla catena di produzione di merluzzi e
gamberetti in Bretagna in cui dichiara come ''si possa essere
così contenti per la stanchezza e un mestiere disumano'' che
descrive, ora affascinato, ora stravolto, senza commenti o prese
di posizione così che la sua denuncia sociale, implicita,
diventa di rara forza e naturale evidenza.
Einaudi pubblica in ebook 'Cameriera' di Sarah Graisforth
(Collana Quanti, 2,99 euro) in cui l'autrice, che si ritrova a
far la cameriera in un caffè per 800 euro con orari da
sfinimento, che a casa riesce a stare solo sul letto con le
gambe in alto dopo ore di lavoro ripetitivo e di corsa che le
pare noioso, inutile frustrante. Infine, solo per citare tre
titoli recenti, ecco 'La porca miseria' di Cash Carraway
(Alegre, pp. 350 - 18,00 euro), memoire di una donna incinta e
poi madre single nei quartieri poveri di Londra che si ritrova a
far mille lavori precari, tra cui la spogliarellista in uno
strip club.
Ecco allora che il Festival di Letteratura Working Class
nasce con un suo retroterra, anche se principalmente inglese,
l'Inghilterra mostrata da Ken Loach, e annuncia, tra i
partecipanti, Simona Baldanzi, Cynthia Cruz, Claudia Durastanti,
Angelo Ferracuti e Alessandro Portelli. Il modello è il Working
Class Writers Festival nato appunto nel Regno Unito, a Bristol,
nel 2021 che, dopo due anni on line si terrà finalmente dal
vivo.
''Lo scopo del nostro festival è contribuire a creare un nuovo
immaginario di classe - spiegano gli organizzatori - e a dare il
giusto peso culturale ad autori e autrici che hanno trattato
temi come la provenienza e le ferite di classe, il lavoro
oppresso e le sue lotte, gli infortuni professionali, l'orgoglio
di essere nati in famiglie operaie. E al contempo sostenere
concretamente la cassa di resistenza del Collettivo di Gkn''.
L'apertura della manifestazione sarà un incontro a partire dal
libro 'Non è un pranzo di gala' del direttore del festival
Alberto Prunetti (Minimumfax, pp. 240 - 15,00 euro), indagine
appunto sulla letteratura working class, con la Durasanti,
Cartwright e Calella. Sabato ci sarà l'incontro con alcuni poeti
operai, mentre domenica si parlerà di immigrazione, razza,
classe, scrittura, solo per citare gli appuntamenti principali,
tra varie presentazioni e discussioni attorno a una
testimonianza autobiografica o un saggio e spettacoli, come
'Majakovskij a Mirafiori' di Wu Ming 1 la prima sera, proiezione
di film e laboratori per i più piccoli.
Alberto Prunetti è figlio di Renato Prunetti, saldatore di
Piombino che dieci anni fa scrisse 'Amianto. Una storia
operaia', e è direttore della collana 'Working class' per la
casa editrice Alegre, dove ha appena riproposto 'Tuta blu' di
Tommaso di Ciaula e è uscito 'Insorgiamo' del Collettivo di
fabbrica Gkn, che raccontano rispettivamente la vita operaia nel
sud Italia degli anni Settanta e la lotta d'avanguardia dei
metalmeccanici toscani. Quelle che propone, da pubblicare e al
festival, sono opere di narrativa che raccontano la classe
lavoratrice dall'interno, ''scritte da persone che per buona
parte della loro giornata sono impegnate in attività lavorative
malpagate, non valorizzate socialmente, benché importantissime
per il funzionamento della società, spesso usuranti o pericolose
- spiega - Si tratta di opere fortemente autobiografiche in cui
autori e autrici tendono a rimasticare la propria esistenza se
lavori in un ristorante tutto il giorno, come ho fatto io per
anni, quando arrivi a casa hai solo in testa il rumore delle
cucine. Se prendi carta e penna tendi a raccontare quello e non
un'opera di pura finzione. La ragione per cui ho scelto il
termine in inglese è semplice: il termine working class è più
ampio e inclusivo rispetto a quello di classe operaia''. (ANSA).
Nasce Festival di Letteratura Working Class
31 marzo - 2 aprile a Campi Bisenzio diretto da Alberto Prunetti