(di Mauretta Capuano)
(ANSA) - ROMA, 27 MAG - DAVID VAN REYBROUCK, REVOLUSI
(FELTRINELLI, PP 688, EURO 25). L'umiliazione "è una forza
politica tra le più sottostimate".
"La cosa che è emersa in queste interviste è che un popolo può
essere umiliato per un certo periodo, non per sempre. La
rivoluzione indonesiana può essere per certi versi paragonata a
quella francese. Non era una rivoluzione comunista, ma una
rivoluzione popolare, tutti si sono alzati in piedi" dice
all'ANSA Van Reybrouck che è anche drammaturgo e nel 2011 ha
lanciato in Belgio il progetto G1000, una piattaforma di
innovazione democratica per aumentare la partecipazione dei
cittadini al processo politico.
"Rispetto all'epoca che stiamo vivendo ritengo che la dinamica
dell'umiliazione sia altrettanto presente. Lo è in Europa, ma
anche negli Stati Uniti. La democrazia e l'economia umiliano le
popolazioni e bisogna fare in modo che i cittadini siano
reintegrati nella vita dei loro Paesi e dei loro Continenti.
L'espressione della democrazia spesso si riduce alle elezioni,
al diritto di votare, però la democrazia è molto di più. Con
questo sistema non si da voce alla rabbia delle persone, non
viene dato il diritto alla parola" sottolinea.
La cosa che non bisogna mai dimenticare per Van Reybrouck "è
che il periodo coloniale tutto sommato è ancora vicino, è
successo poco tempo fa e non è detto che non ricapiti. Bisogna
farsi delle domande sul futuro e trarre delle lezioni dal
passato coloniale".
La lotta per l'indipendenza in Indonesia è stata considerata a
lungo un conflitto lontano e marginale tra una potenza
coloniale, i Paesi Bassi, e la sua colonia, le Indie Orientali
Olandesi, invece, ci dice l'autore belga in questo libro, ha
scritto la nostra storia. "L'Indonesia è stato il primo paese a
ottenere l'indipendenza e questo ha avuto un impatto sulla
decolonizzazione del mondo intero. E' stata una rivoluzione
popolare, ma che ha dato inizio al mondo moderno"
spiega e ricorda la leggendaria Conferenza di Bandung, nel 1955,
la prima conferenza internazionale senza l'Occidente.
"Gli olandesi hanno dimostrato una certa miopia psicologica.
Consideravano la loro colonia redditizia e ritenevano che gli
indonesiani fossero felici di essere colonizzati. Non si sono
resi conto che il malcontento non si limitava a qualche
dissidente, ma era generalizzato" sottolinea lo scrittore che ha
impiegato sei anni per finire Revolusi, Rivoluzione appunto,
due interamente dedicati alla scrittura. "Mi sono reso conto che
i testimoni dell'epoca erano sempre meno numerosi, stavano
morendo quasi tutti e ho deciso di lanciarmi con le interviste.
È stato un lavoro bellissimo, come una ricerca di archivio
all'aria aperta, ai Tropici".
Anche le ondate di migrazione a cui assistiamo, secondo l'autore
di Revolusi, sono da collegare a un passato coloniale. "C'è un
colonialismo del passato ma c'è anche un colonialismo del
presente di cui spesso ci si dimentica. Ho visto recentemente
una cartina che riportava i problemi legati al riscaldamento
climatico e alle immissioni di gas serra e sembra proprio di
vedere una cartina del colonialismo del passato. Abbiamo ancora
una volta i Paesi del Nord che emettono gas serra e i Paesi del
Sud che ne soffrono e di conseguenza questo porta a nuove ondate
di migrazione" afferma. (ANSA).
David Van Reybrouck, l'umiliazione è una dinamica sottostimata
L'autore belga in Revolusi racconta la rivoluzione indonesiana