Cultura

In libreria 'Vecchiaccia' di Fuani Marino

pungente non-fiction sul mito dell'eterna giovinezza

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 28 MAG - FUANI MARINO, 'VECCHIACCIA' (EINAUDI, PP. 148, EURO 17) Bere l'elisir di lunga vita e non invecchiare mai: accade nei romanzi distopici oppure nei film, come nel celebre 'La morte ti fa bella' di Robert Zemeckis, commedia irriverente; e altrettanto corrosivo è 'Vecchiaccia', sferzante saggio-memoir della scrittrice partenopea Fuani Marino (1980) che, in questo libro, pagina dopo pagina, smonta il mito dell'infinita verde età.
    'Vecchiaccia' parla di drammi, fragilità, tabù. È ricco di riferimenti: Buzzati, Camus, Franzen, DeLillo, Ceronetti, Virginia Woolf e molti altri, ma anche Freddie Mercury e Kurt Cobain; tra i libri citati c'è il saggio del filosofo sudcoreano Byung-Chul Han 'La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite' e 'Storia della morte in Occidente' del medievista francese Philippe Ariès.
    Marino si domanda perché da ogni parte ci sia una spinta a vivere al massimo e per sempre: 'Abbiamo smesso di dare la morte per scontata, finché grazie al progresso e alla scienza quest'ultima è diventata inaccettabile a qualunque età, va evitata sempre e comunque, a qualunque prezzo'.
    Fuani Marino in 'Vecchiaccia' confessa che non crede sia auspicabile scalare montagne a ottant'anni; fotografa con lucidità la società odierna in cui molti padri continuano a detenere 'il monopolio economico' mentre 'i figli di trenta, quarant'anni si arrabattano fra lavoretti precari che non gli garantiranno mai una pensione'.
    Sconfiggere una volta per tutte l'autunno della vita? Uno scenario stile 'Zero K' di Don DeLillo. 'Verrà anche a me la paura di invecchiare, e di morire?', si domanda Marino che continua: 'Ne dubito: mi fa forse più paura vivere. Devo ammettere che la prospettiva di arrivare a cento anni - o addirittura superarli - mi atterrisce'.
    Tra le altre opere di Fuani Marino il memoir 'Svegliami a mezzanotte' (2019) da cui è tratto l'omonimo documentario diretto da Francesco Patierno e finalista ai David di Donatello.
    (ANSA).
   

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