(di Mauretta Capuano)
(ANSA) - ROMA, 12 OTT - In Italia per la grande mostra alle
Scuderie del Quirinale 'Favoloso Calvino. Il mondo come opera
d'arte.
"Mi chiedevo come avrebbero fatto a rappresentare visivamente
uno scrittore. Ci sono riusciti molto bene. È un percorso
familiare in cui ho appreso cose nuove" dice Giovanna Calvino, a
Roma con la figlia tredicenne Violette Calvino Aguilar. Ma cosa
ci fa scoprire questo percorso che sarà aperto al pubblico dal
13 ottobre? "È una mostra che non è ovvia e che rende visibili
cose difficili da rappresentare. Le cose che scriveva mio padre
potevano essere dette solo dalla letteratura ed erano tutte una
sfida alla rappresentabilità. Ne Le città invisibili ci sono
molte illustrazioni ma sono delle città che non possono essere
illustrate e quindi per questo mi domandavo: che cosa faranno in
questa mostra? Ma sono riusciti a mostrare anche il suo percorso
mentale, le immagini che lo hanno ispirato. Non glielo so
spiegare però lo hanno fatto molto bene", dice all'ANSA.
Lei ha lo stesso sguardo sul mondo di suo padre? "Per certi
versi sì. Spero di sì. Mio padre non dava mai un'opinione. Mi
lasciava libera. Se dovevo studiare un certo scrittore lui mi
diceva la data di nascita, di morte e vedevo che non voleva dare
delle opinioni soggettive. Aspirava all'obiettività" racconta.
Cosa ha significato essere la figlia di Calvino da giovane e
adesso? "Non ho nessun'altra esperienza se non questa, quindi è
la mia vita ed è strano condividere quello che per me è una
esperienza molto intima. Siccome mio padre è morto in modo
improvviso e prematuro è anche un lutto che mi porto dietro
tutta la vita".
Curatrice del libro 'Italo Calvino Lettere a Chichita
1962-1963' appena arrivato in libreria per Mondadori, come ha
deciso di pubblicare questa corrispondenza tra i suoi genitori?
"Sono lettere che ho letto per la prima volta anch'io. Non mi
ricordavo nemmeno di averle, le ho trovare nei cassetti.
Sicuramente mia madre non le avrebbe mai pubblicate, essendo
così personali, ma a me sono piaciute moltissimo e mi sono
sembrate molto condivisibili. Non ho avuto il senso di tradire
qualcosa, forse perché sono passati tanti anni. Le volevo
condividere". Sono lettere "che mio padre ha scritto a mia madre
quando si erano appena conosciuti, abitavano in paesi diversi,
mia madre non aveva il telefono. Quello era il modo di
comunicare. Non si conoscevano ancor bene e lui le descriveva
molto la sua vita, perché lui voleva che lei la condividesse, ma
non voleva illuderla. Le diceva che la sua vita era il suo
lavoro, era molto preso dalla casa editrice Einaudi, ma allo
stesso tempo la descrive in modo avvincente e poi le dice che
lei è l'unica persona con cui può veramente essere se stesso. A
mio padre e mia madre piacevano le stesse cose, interessavano le
stese cose, avevano lo stesso sense of humor. A me queste
lettere piacciono moltissimo e spero che piacciano anche ai
lettori e che abbiano questa valenza universale" sottolinea.
(ANSA).
Giovanna Calvino, io e lo sguardo di mio padre
La figlia: "La mostra alle Scuderie lo rappresenta bene"