Cultura

'Assalto alla fabbrica', 80 anni fa la deportazione operaia

Un libro sul rastrellamento nazista a Genova del 16 giugno 1944

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 14 GIU - Ottant'anni fa avvenne la più grande deportazione operaia della storia d'Europa. Un piccolo esercito di seicento uomini, tra SS e camicie nere, marciarono su quattro stabilimenti siderurgici di Genova e rastrellarono 1500 metalmeccanici. Li chiusero su due treni piombati diretti a Mauthausen, poi li smistarono nelle fabbriche austriache e tedesche per costruire i carri armati nazisti. Vissero per un anno intero al gelo, in canottiera e zoccoli, schiavi di un regime ormai morente, picchiati e insultati, costretti ad assistere alla tragedia della Shoah, ai bombardamenti di Dresda e alla battaglia finale di Berlino.
    Era il 16 giugno del 1944 e le fabbriche erano quelle di Sestri Ponente, quartiere industriale di Genova, culla del movimento sindacale e antifascista. Non a caso gli sgherri di Benito Mussolini scelsero proprio quelle maestranze, che avevano appena scioperato per i diritti, il pane e la pace. Le storie di questi operai sono raccolte in "Assalto alla fabbrica" (People, 210 pagine, 16 euro) di Giovanni Mari, giornalista del Secolo XIX. Storie di uomini comuni, strappati alle famiglie all'improvviso, gettati sotto gli altiforni tedeschi senza equipaggiamento e protezioni, condannati alla fame (solo una zuppa di rapa al giorno) e a turni di 13 ore al giorno, in condizioni igieniche devastanti, e alla lunga spostati sul campo di guerra, a sgomberare le macerie e a scavare trincee.
    Non tutti sono tornati. Molti sono morti durante il viaggio, cercando la fuga. Molti sono stati uccisi dai carcerieri, diversi sono stati vittima di incidenti sul lavoro e persino dei bombardamenti. Gli operai devono raccogliere l'acqua piovana per dissetarsi, strappare l'erbaccia per bollirla e sfamarsi, cucirsi delle suole per non camminare scalzi, ricavare cappotti dai sacchi di cemento gettati nell'immondizia, rubacchiare nelle case abbandonate per poter andare avanti. E quando arriveranno le truppe alleate, russe o americane, a sottrarli alla prigionia, impiegheranno settimane per rientrare a casa. (ANSA).
   

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