Cultura

Immigrato racconta Roma per strada e occupare case

un documento con un italiano nuovo e interessante di un polacco

Redazione Ansa

(di Paolo Petroni) (ANSA) - ROMA, 17 AGO - La lingua, si sa, si evolve continuamente, si modifica con l'uso e il suo estendersi. Per questo il libro diario racconto ''STORIA DI MIA VITA'' (SELLERIO, pp. 148 - 15,00 euro) di JANEK GORCZYCA, polacco oggi sessantenne arrivato in Italia nel 1992, è stato visto come la testimoninaza di un italiano nuovo, di nuova generazione, tra appunto semplificazioni e distorsioni nell'uso di molti immigrati, oramai parte del tessuto del paese, e una creazione linguistica, ora che è messa su carta e stampata, che magari può o potrà avere un suo valore letterario.
    A confermare questa possibilità c'è un raccontare quasi in presa diretta, con un ritmo reso incalzante dallo stile particolare, dal poco uso degli articoli (pare le lingue slave non ne abbiano), dalle frasi brevi, incisive, dai pochi aggettivi per andare dritto alla sostanza dei fatti e delle sensazioni, che siano positive o negative, senza mai tirarsi indietro, come accettando i diversi, contrastanti, fortunati o spiacevoli momenti cui ti costringe la vita. Ecco un fallimento, una delusione, un colpo storto del destino, ma cui non piegarsi davvero mai, cogliendo il momento per reagire, per andare vanti, avendo sempre uno scopo, un interesse personale o per la comunità di cui si fa parte e di cui diventa così naturalmente un punto di riferimento.
    Gorczyca, dopo essere stato in Afghanistan, aver vissuto la caduta dell'impero sovietico, la rinascita della sua Polonia, dal 1998, da quando allora perse il lavoro, scaduto il permesso di soggiorno e sfrattato dalla stanza che aveva a Campo dei Fiori, vive a Roma senza fissa dimora, senza una casa, senza un posto fisso di lavoro. Dopo tre mesi per strada, in cui incontra e nasce il suo tenero, grande amore con la bella Marta, scopre che è possibile occupare Villa Farinacci detta la Torre e ''quando facciamo sopraluogo, vediamo un cancello, ma facendo io il fabbro per me non era un problema''. Inzia così ''sta avventura che poi è diventata storia vera'' e durata sino a oggi.
    In quell'edificio lui, il più organizzato e quello che ha la chiave per distribuire l'acqua, diventa il punto di riferimento per coloro che vi arrivano a abitare, a cominciare da altri polacchi senza permesso di soggiorno. Lavora come fabbro da Giovanni ed è amico di tutti, anche se non è sempre facile: ''La legge della strada: non puoi essere più grande di loro, se stai un po' fuori dalla loro filosofia, sei nemico. Se fossi stato debole fisicamente o psicologicamente sarei morto''. Non si sente per questo diverso dagli altri e, anche se lui ha un lavoro, beve non meno di loro e finirà anche in prigione.
    Il problema è infatti l'alcolismo grave e che coinvolge tutti, a cominciare da lui e Marta, che avrà due tumori e, amorevolmente assistita, ne morirà. ''Insomma io vivo ancora ma morti per alcol non voglio neanche contare. Non servono avvertimenti. Insomma, morta anche mia Marta. Per questo vorrei finire mio racconto ... perché ho sofferto troppo'', confessando che ''alcolismo era mio stile di vita che non me ne accorgevo'' e che si può vincere solo con la volontà personale e, come scrive chiudendo il racconto, ''unica cosa che voglio dire è che ho trovato bravissima psichiatra''.
    Attorno a lui chi sta male, chi finisce in ospedale, chi fa a botte, i suoi cani, : ''qui lo dichiaro, non sono un eroe, ma la vita per strada è piena di sorprese''. Tra queste svegliarsi una mattina con la polizia che ha sgombrato tutti, ma avendo oramai dei contatti riesce a far rientrare la cosa, così viene preso di mira. E' un individualista anarchico naturalmente altruista, abituato a sapere che la sua vita è una lotta, che lo porta sino a pensare a gesti estremi. Lo salva la sua vitalità e istitiva capacità di continue invenzione per sopravvivere e difendere persone e cani dagli interventi delle forze dell'ordine.
    ''Arriva politico del Municipio con Rossella e anche una del Campidoglio, si rimangiano tutte le promesse, fanno sceneggiata, ma io ottengo ancora accesso alla Torre'' anche se segue la denuncia e poi una condanna a tre mesi. Il tutto inserito in una girandola di accadimenti, di improvvisazioni, di caffè o birre al bar, avocati inutili, amici e sempre Marta e i cani. E il capitolo (pag.90) sulla sua scarcerazione è esemplare per sostanza e stile del racconto. (ANSA).
   

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