(ANSA) - ROMA, 27 SET - A Carloforte, nell'isola di San
Pietro, in Sardegna, la comunità tabarchina è ancora numerosa.
Sono i discendenti dei coloni liguri che nel XVI secolo si
stanziarono nell'isola di Tabarca (Tunisia). Dalla Tunisia, nel
XVIII secolo approdarono nelle isole del Sulcis trasferendo qui
la propria parlata, il tabarchino, affine al ligure, nonché i
loro peculiari usi, tradizioni e gastronomia. Di loro , e di
altre comunità che hanno conservato culture, lingue e perfino
caratteristiche genetiche uniche, come gli Arbëreshë o gli
Occitani, che fin dall'antichità e prima dei flussi migratori
recenti, hanno portato nuove lingue, saperi e tradizioni in
Italia, parla il libro" Gli Italiani che non conosciamo. Lingue,
Dna e percorsi delle comunità storiche minoritarie" . Il libro
vuole far conoscere la cultura, la genetica e perfino le
tradizioni alimentari di gruppi poco noti, ma che occupano da
molto tempo il nostro territorio. "Scoprire queste comunità, con
le loro lingue e le loro tradizioni, è come scoprire una nuova
Italia. Ognuna di esse apre una finestra su una storia nascosta
e una cultura unica, con saperi che meritano di essere
conosciuti e celebrati. Qualcosa di cui noi Italiani possiamo,
finalmente, andare fieri" spiega Giovanni Destro Bisol, docente
di Antropologia e Biodiversità umana presso l'Università La
Sapienza di Roma, che ha coordinato la ricerca che è alla base
del libro. Un testo che racconta di un patrimonio che
arricchisce la diversità culturale e l'identità antropologica
del nostro Paese. Interessante, in particolare, il capitolo
dedicato alle tradizioni alimentari, con ricette che
esemplificano la ricca eredità culinaria di queste comunità.
Oltre a Destro Bisol, a curare il libro anche Erica Autelli,
Marco Capocasa e Marco Caria. (ANSA).
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