(ANSA) - ROMA, 02 NOV - Lucia Visca fu la prima ad arrivare
all'Idroscalo di Ostia la notte del 2 novembre 1975, quando Pier
Paolo Pasolini fu trovato morto. Un'occasione che le permise di
vedere cose "che altri colleghi non videro, perché nel frattempo
ci fu la contaminazione del terreno e altre complicazioni".
Testimonianze, fotografie e documenti d'epoca, oltre a una
prima parte dedicata al rapporto complesso tra lo scrittore e
Ostia, per lui luogo di contraddizione, fascino, pericolo. Oggi
cosa possiamo capire di più del delitto? "Nulla, è destinato a
rimanere un mistero", risponde Visca, "anche le riaperture
recenti non hanno portato a nulla. Oltretutto bisogna pensare
che nel frattempo i protagonisti sono tutti morti. Per anni
abbiamo aspettato una nuova verità da Pelosi, che ora non potrà
mai più arrivare", considerando che è morto nel 2017. "Della
morte di Pasolini non interessava a nessuno", aggiunge, al
massimo "non era la morte di Moro, ma di un uomo che non aveva
una vita cristallina".
Un dato che fu forse cruciale nel modo in cui si sviluppò il
caso. Visca dedica anche spazio a come Pasolini fu rappresentato
sia prima che dopo la sua morte: "La condanna mediatica l'ha
vissuta tutta la vita - sostiene -, qualsiasi cosa facesse c'era
qualcuno che presentava una denuncia o qualche magistrato che
aveva un fascicolo". L'autrice propone le sue riflessioni alla
luce delle regole deontologiche odierne dei giornalisti su come
si illustrò e si scrisse dell'omicidio. "Quello che avevamo
detto e scritto negli anni '70 era un'aberrazione - riflette
Visca - se uno di noi lo scrivesse oggi sarebbe buttato fuori
dall'Ordine".
Ora, l'obiettivo è portare il testo anche nelle scuole.
"Pasolini viene studiato come poeta, scrittore, autore -
conclude Visca - ma sulla sua vicenda spesso i ragazzi non sanno
nulla. È come per Caravaggio, della sua arte sappiamo tutto, ma
della sua morte niente". (ANSA).
Visca, la morte di Pasolini rimarrà mistero, a nessuno importava
La giornalista torna con un libro per ricostruire il caso