Cultura

L'Ora, il giornale che illuminò l'alba dell'antimafia

Un saggio sulla storia del quotidiano nemico di Cosa nostra

Redazione Ansa

(di Franco Nicastro) (ANSA) - PALERMO, 12 NOV - CIRO DOVIZIO, "L'ALBA DELL'ANTIMAFIA" (DONZELLI, 211 PP., 28 EURO).
    C'era un giornale a Palermo che parlava di mafia quando molti ne negavano l'esistenza. Anche per questo L'Ora venne riconosciuto come uno strumento di informazione critica e coraggiosa. Il suo periodo di maggiore vitalità fu quello della direzione di Vittorio Nisticò, tra il 1954 e il 1975. Con le sue inchieste, che anticipavano spesso temi investigativi di rilevante interesse, L'Ora descrisse e interpretò "L'alba dell'antimafia".
    E questo è anche il titolo del saggio di Ciro Dovizio, docente dell'università di Milano con interessi di ricerca su mafia, antimafia, giornalismo, intellettuali, politica.
    Pur essendo uno dei giornali fiancheggiatori del Pci, L'Ora non diventò mai un foglio di partito. Mantenne invece una grande autonomia in linea con l'idea di Nisticò di privilegiare le tecniche e i valori del giornalismo. Il registro fu quello di un dialogo con il quale L'Ora, scrive Dovizio, si propose come un "formidabile luogo di raccolta per il ceto intellettuale e politico di sinistra" e soprattutto per la cultura che in quelle pagine ebbe la voce di Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo, Enzo Sellerio, Michele Perriera e di altri intellettuali e artisti di forte impegno civile.
    Le battaglie contro la mafia rappresentano un aspetto cruciale della vita del giornale, che da una terra di frontiera riuscì a mettere la mafia e i suoi legami con il potere politico al centro del dibattito pubblico nazionale. Pagò per questo un costo molto alto. Nel 1958 venne piazzata una bomba nella tipografia del quotidiano che aveva appena promosso la prima grande inchiesta giornalistica sulla mafia che "dà pane e morte". Tre suoi giornalisti - Cosimo Cristina, Mauro De Mauro e Giovanni Spampinato - sono stati uccisi tra il 1960 e il 1972 mentre il potere politico assediava il giornale con denunce sistematiche di impronta intimidatoria.
    Con la sua attenzione verso la mafia e i suoi interessi (sacco di Palermo, traffico di droga, scambi politico-mafiosi) il giornale contribuì a dare forza e autorevolezza a una nuova cultura antimafia. Secondo Dovizio, l'opzione antimafia non solo diede vita a un originale modello giornalistico ma rientrava anche nella più ampia prospettiva autonomistica che caratterizzava in quegli anni la linea del Pci siciliano. Dovizio evita, come osserva nella prefazione lo storico Salvatore Lupo, di ripercorrere la storia dell'Ora adottando una chiave "un po' edificante e un po' apologetica".
    Quell'esperienza giornalistica, che si chiuse nel maggio 1992, viene infatti rivisitata sì in modo partecipe ma anche in chiave critica. E comunque riconosce alla redazione un impegno umano e professionale di grande spessore perché quella fu un'esperienza unica nella storia del giornalismo. (ANSA).
   

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