Cultura

Il frutteto di Damasco, saga familiare tra amore e guerra

Nonno, zio e nipotina alla ricerca di pace e verità

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 17 DIC - CAMILLE NEVEUX, IL FRUTTETO DI DAMASCO (TRE60, PP. 272, EURO 16. 90) Tre generazioni a confronto, una saga familiare in una terra dilaniata dalla guerra. È l'esordio letterario di Camille Neveux, scrittrice e giornalista francese, esperta del mondo arabo e mediorientale: il romanzo s'intitola 'Il frutteto di Damasco', disponibile dal 14 gennaio per Tre60, nella traduzione di Maddalena Togliani.
    La trama segue le vicende dei fratelli siriani Aissa e Fulla, del loro papà Mustafa e della piccola Nermine. La storia si apre a Daraya, nel 1995, con Aissa bambino che d'estate si gode la bellezza della campagna, gioca libero nella fattoria di famiglia, si fa il bagno nelle riserve d'acqua, e adora il suo cavallo Zarga: "camminava tra le zampe dell'animale senza temerne la forza, sentendosi anzi protetto dai suoi muscoli possenti". L'infanzia spensierata termina quando Aissa comincia ad andare a scuola: il regime militare impone un'istruzione fondata sulla propaganda e sul terrore. Lui non accetta la dittatura e, una volta adulto, si unisce a un gruppo di attivisti. Nel 2011 scoppia la rivoluzione e, in pericolo di morte, Aissa fugge in Francia. Fulla, invece, si rifugia in Libano, con la figlioletta e l'anziano Mustafa.
    Nermine è la figlia di Fulla, ha dodici anni e un grande desiderio di libertà, a volte sogna Parigi, i profumi di Chanel e la torre Eiffel, continuamente fotografata dallo zio Aissa. Il dolore l'ha fatta crescere in fretta e quando pensa alle macerie di Daraya il cuore le si spezza. Nermine è una ragazza sveglia e combattiva e, un giorno, venuta a conoscenza di un segreto, farà di tutto per scoprire la verità.
    'Il frutteto di Damasco' è il racconto di una famiglia lacerata dalla guerra: alcuni cari sono in Libano, altri in Egitto, altri in Turchia, qualcun altro in Europa. Eppure, in tutti loro resta forte il desiderio di unità e nutrono sempre la speranza di poter risentire il dolce profumo degli alberi di Daraya. (ANSA).
   

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