(ANSA) - ROMA, 30 SET - "Che fare?". Se l'è chiesto molte
volte Ignazio Silone nella sua lotta per i diritti dei più
poveri, così tante volte che è proprio quella domanda a chiudere
Fontamara, il romanzo di maggior successo.
Tra le testimonianze, quelle del pronipote Romolo Tranquilli,
di Andrea Sangiovanni dell'università di Teramo, del sociologo
Benedetto Di Pietro, di Manlio Cimini dell'università di
Chieti-Pescara, dello scrittore Renzo Paris, di Liliana Biondi
dell'università dell'Aquila, di Sebastiana Ferrari, curatrice
dell'Archivio Silone.
Ignazio Silone, o meglio Secondino Tranquilli, nasce il primo
maggio 1900 - una data che diventa un destino - a Pescina,
Abruzzo. La sua terra d'origine è la zona del Fucino, dove a
metà Ottocento i nobili Torlonia avevano fatto prosciugare il
lago. Dopo la tragica morte della madre nel terremoto della
Marsica, comincia a scrivere per Avanti! in cui denuncia le
ruberie dopo il sisma, ma finisce in carcere. È tra i fondatori
del Partito Comunista italiano. Conosce Lenin e Stalin, ma poi
cambia la sua idea politica.
Nel 1931 il Pci espelle Silone. Da quel momento diventa "un
socialista senza partito, un cristiano senza chiesa", perché del
cristianesimo apprezza i principi, ma non la Chiesa e le sue
ritualità. È proprio da questo conflitto interiore e dalle sue
esperienze che nasce Fontamara. Pubblicato nel 1933 in Svizzera,
dove viveva in quel periodo, viene tradotto in 19 lingue.
Sfiora il Nobel per dieci volte, pubblica romanzi di cui
l'ultimo, Severina, è completato postumo dalla moglie Darina e
scrive opere teatrali. I messaggi di fondo sono sempre libertà,
uguaglianza, giustizia e indipendenza. (ANSA).
La voce del cafone, su Rai5 un ritratto di Silone
"Un socialista senza partito, un cristiano senza chiesa"
