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Giangravè, in un memoir racconta la salute mentale

In clinica psichiatrica c'è il glicine fiorito, edito da Fides

Redazione Ansa

 BARBARA GIANGRAVE', IN CLINICA PSICHIATRICA C'E' IL GLICINE FIORITO (FIDES, PP. 272, EURO 18) E' del 1946 un celebre romanzo semi-autobiografico sulla salute mentale, The Snake Pit dell'americana Mary Jane Ward, diventato un film hollywoodiano con Olivia de Havilland. In Italia, un classico sul tema è il diario Le libere donne di Magliano di Mario Tobino, scrittore e medico che documenta la sua esperienza all'interno di un reparto femminile di psichiatria.
    Barbara Giangravè, giornalista e scrittrice, in questo memoir, edito da Fides, tratta lo stesso tema: "Questo romanzo se così si può definire - scrive l'autrice in appendice al volume - nasce da un disturbo psicologico non meglio indicato, se non con il termine onnicomprensivo di depressione".
    "Ho assunto e assumo psicofarmaci, come molte persone, che hanno il merito di regolare l'equilibrio della mia mente e di non farmi dipendere sempre dalla presenza di un familiare o di un amico", confessa l'autrice.
    Giangravè sottolinea che la salute mentale è un argomento di cui non si parla abbastanza: "Non ci si vergogna di raccontare di avere un tumore tanto quanto ci si vergogna di dire a qualcuno di avere bisogno di aiuto, di non volere rimanere da soli, di non avere il pieno controllo della propria mente".
    Dal 1978 i manicomi in Italia non esistono più però, racconta Giangravè in un capitolo, c'è ancora tanto da fare: "Oggi i manicomi si chiamano cliniche psichiatriche o case di cura, ma le strutture che ho conosciuto io lasciano tutte piuttosto a desiderare, sia dal punto di vista degli edifici esterni che dal punto di vista dell'ordine e della pulizia interni. I pazienti, i nuovi matti, condividono stanze divise per sesso, ma si trovano in reparti misti, composti sia da uomini che da donne.
    Non ci sono molte differenze tra noi, se non per età, ceto sociale o istruzione. Una volta entrati qui, però, perdiamo tutti la nostra dignità di persone e diventiamo riconoscibili solo dai numeri delle nostre stanze, mentre vaghiamo in pigiama, senza una meta, per i corridoi". Il libro di Giangravè è una testimonianza che risveglia le coscienze e arriva al cuore.
    (ANSA).
   

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