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Transalpini e il loro futuro per Jean-Pierre Darnis

Un'analisi delle relazioni tra Francia e Italia e il loro futuro

Redazione Ansa

(di Chiara Venuto) (ANSA) - ROMA, 13 SET - JEAN-PIERRE DARNIS - TRANSALPINI. LE RELAZIONI TRA FRANCIA E ITALIA E IL RILANCIO DEL GIOCO EUROPEO (LUISS UNIVERSITY PRESS, PP. 172, 20 EURO) "Il luogo di due sguardi che s'incrociano pur comprendendosi poco, troppo occupati a compiacersi della propria visione": è così che Jean-Pierre Darnis, professore ordinario all'università della Costa Azzurra e docente alla Luiss, definisce il complesso rapporto diplomatico tra noi e i cugini francesi in Transalpini - Le relazioni tra Francia e Italia e il rilancio del gioco europeo (Luiss University Press).
    Il libro è preceduto da un'appassionata prefazione di Daniele Bellasio, vicedirettore del Sole 24 Ore. La sua, una riflessione sulla necessità di "studiare la storia e analizzare le società politiche" delle due 'sorelle latine', per "scoprire - scrive il giornalista - perché la più naturale delle alleanze tra vicine nazioni europee finisce troppo spesso e troppo presto in stereotipi antagonizzanti, rotture plateali, frizioni costanti".
    Proprio ciò che fa Darnis nel suo libro: ripercorre la cronologia di un dialogo difficile, tra momenti di avvicinamento e altri di maggiore tensione, alla ricerca di ragioni e soluzioni a quanto è avvenuto e tuttora avviene a livello geopolitico.
    Spazio, dunque, a uno studio del passato che va dalla campagna d'Italia di Napoleone al cosiddetto 'schiaffo di Tunisi'. E, poi, il tira e molla, acuito dalle rivendicazioni territoriali, nel periodo dei due conflitti mondiali. Dunque il dopoguerra, il processo d'integrazione europea, la presidenza Mitterand, la questione dei rifugiati italiani. Fino all'odierno raggelamento.
    Stati vicini ma non troppo, dunque. A pesare tra Francia e Italia, come anticipa già Bellasio e conferma Darnis, sono proprio "l'eredità storica e delle rispettive rappresentazioni".
    Ma anche scelte strategiche diverse. Lo si vede nell'ambito economico: mentre la Francia è il primo investitore nel nostro Paese, non si può dire l'opposto.
    Eppure, qualcosa sta cambiando. Oggetto delle attenzioni dell'autore è il Trattato del Quirinale, avviato sotto Macron e Gentiloni e portato a compimento durante il governo Draghi nel 2021. Ad oggi - nonostante i rapporti più freddi di Meloni con la Francia - grazie ad esso sono stati raggiunti risultati importanti dal punto di vista della cooperazione ministeriale-amministrativa. Anche se ancora "notiamo i ritardi, per non dire la riluttanza, a organizzare la parte più simbolica e 'alta' del Trattato - si legge tra le pagine di Transalpini - tutto sommato potrebbe non essere un problema. Come nel caso franco-tedesco, l'impianto istituzionale bilaterale è in grado di funzionare anche quando non viene pienamente rivendicato dai capi di governo".
    Per Darnis questo è apprezzabile anche in una logica comunitaria, perché anche i rapporti a due fanno bene al continente. "L'integrazione europea genera il bisogno di sviluppare quadri istituzionali nuovi e di migliorarne l'amministrazione - spiega - obiettivi che passano per un consolidamento della dimensione bilaterale" al di là della "percezione diffusa di una realtà europea votata esclusivamente allo sviluppo degli strumenti comunitari".
    Il trattato tra Francia e Italia "si pone senz'altro un obiettivo pragmatico, fornirsi di uno strumento di mediazione che porti a una maggior fiducia e stabilità nei rapporti tra i due Paesi", prosegue Darnis, "operazione più che necessaria se si pensa alla storia recente". E che richiede una "strategia politica" che passi anche dalla "reinterpretazione delle proprie identità" al fine di "progettare un avvenire comune": "un esercizio difficile", commenta, "ma non impossibile", e che può eventualmente diventare un "modello capace di rinforzare l'Unione con l'apporto di una dimensione complementare all'approccio comunitario". (ANSA).
   

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