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La medicina di Greci e Romani, tra pesci e coleotteri

Un saggio esplora metodi e teorie del mondo antico

Redazione Ansa

DAMIANO FERMI, I GRECI I ROMANI E.. .LA MEDICINA (CAROCCI, PP. 228, EURO 16)

Il mondo antico raccontato in modo inedito e accattivante.
    Damiano Fermi, saggista e docente, ne 'I Greci, i Romani e... la medicina', uscito per Carocci, esplora gli aspetti più curiosi della scienza greco-romana. E dunque ecco Scribonio Largo, medico e scrittore d'età romana, che contro mal di testa lancinanti raccomandava di applicare, nel punto dolente, un pesce vivo, per l'esattezza una torpedine nera. Si trattava di un intervento analgesico di elettroterapia: venivano sfruttati gli effetti antidolorifici di una scarica elettrica a basso voltaggio prodotta dall'animale.
    Dioscoride, invece, botanico e dottore greco, nel trattato 'Materia medicinale' illustra gli impieghi farmacologici del castorio, una secrezione untuosa di cattivo odore, prodotta da ghiandole che si trovano vicino ai genitali del castoro. Il castorio è stato a lungo impiegato in medicina per le proprietà antispastiche.
    Per quel che riguarda le piante, una varietà di eliotropio era ritenuta un toccasana contro le ferite del morso di scorpione, perché il fiore aveva la forma della coda dell'animale. Dal mondo vegetale si ricavavano anche prodotti cosmetici, per esempio dentifrici, uno a base di erba parietaria piaceva molto a Messalina.
    I medici antichi, spiega Damiano Fermi, avevano familiarità con droghe e veleni, consapevoli del fatto che parecchie sostanze usate per curare potevano essere molto pericolose.
    Plinio Il Vecchio nella 'Storia naturale' racconta che una preparazione maldestra a base di cantaridi, coleotteri verdi, uccise un cavaliere romano amico di Nerone. Il volume dà anche notizia della ginecologa Metrodora che dispensava consigli agli uomini: "Getta una lenticchia in un contenitore vuoto e facci urinare dentro la donna: se la lenticchia si gonfia è vergine, se no, è stata sedotta". 
   

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