VENTOTENE - "Sento che in questo momento c'è nel nostro mondo democratico una volontà di non ascoltare la diversità che proprio non mi aspetterei. Trovo assurdo che se si tenta di parlare di pace si viene bollati come pro russi.
Lo dice Paolo Rumiz, giornalista e scrittore ospite dell'incontro conclusivo del Ventotene Europa festival organizzato da La Nuova Europa a cui hanno partecipato i ragazzi di scuole provenienti da Berlino, Parigi, Varese e Roma.
Nell'anno europeo dei giovani i ragazzi hanno intervistato Rumiz, autore del poema Canto per Europa pubblicato da Feltrinelli. Parlando delle polemiche mediatiche che accompagnano il conflitto in Ucraina, Rumiz sottolinea che ''portare avanti l'iniziativa diplomatica è sempre stato prioritario per l'Europa, magari anche evitando clamorose definizioni del nemico come hanno fatto Biden o lo stesso Di Maio. Giocare il ruolo di mediatori è esprimere la nostra essenza europea. Noi siamo figli della Grecia e tutto quello che sta accadendo è assurdo". Per questo a suo avviso lo scontro mediatico in corso, ad esempio su chi invitare e chi no ai talk show, "è assurdo e con effetti negativi sul pubblico italiano.
Essere contro personaggi anche discutibili come Orsini e demonizzarli trasformandoli in perseguitati è in qualche modo legittimarli, facendo pensare che abbiano ragione". Insomma per Rumiz "in questo momento la democrazia sembra mettersi sullo stesso piano della dittatura". Rumiz al contrario è convinto che "l'Europa è figlia dell'Asia e negarlo è un matricidio". Per questo ha voluto raccontare, in forma di poema e in endecasillabi, un viaggio epico e mitologico contemporaneo nel Mediterraneo. "Canto per Europa nasce dalla Brexit, quando un mio amico che è anche skipper mi ha proposto di attraversare il nostro mare tra la Grecia e il Libano sulle rotte d'Europa. Ho capito così fino in fondo che l'essenza dell'Europa è femminile e asiatica. Asiatici sono i popoli che hanno costituito l'Italia. Per noi è un matricidio negare questo legame così come per la Gran Bretagna negare quello con il mediterraneo". Ora il Canto per Europa è anche un'opera teatrale, perché "leggerla ad alta voce aiuta la comprensione di un testo non certo facile, che non va ruminato in silenzio ma in una oralità che salva la letteratura". Una salvezza e una comprensione che per Paolo Rumiz viene sempre e in ogni caso dall'attraversamento lento e senza zavorre. "Quando si viaggia bisogna sempre portare la stessa valigia e deve essere piena di doni. Quando qualcuno ti dà qualcosa tu devi immediatamente contraccambiare e così la valigia rimane sempre con lo stesso peso". La metafora per lo scrittore è metafora della vita: "l'ho capito una volta andando in mongolfiera: bisogna lasciare tutto l'inutile a terra per potersi librare in aria". E quando invece si sta sul terreno "bisogna mimetizzarsi come faccio io, cappello da ebreo o arabo, rosario in mano, a compensare i miei occhi ed i miei abiti europei perché chiunque sia curioso mi rivolga la parola per primo anche in luoghi ostili. E così io capisco il vento che tira, perché è in strada che si coglie quello che avverrà ". (ANSA).
Paolo Rumiz, oggi la democrazia non ascolta la diversità
Il giornalista e scrittore al Ventotene Europa festival