SILVIA AVALLONE. CUORE NERO (RIZZOLI, PP 359, EURO 20)
L'umanità che resta al di là del male.
"Amo la letteratura per la sua capacità di raccontare tutto ciò che è difficile, complesso e scomodo. Uno dei miei romanzi preferiti è sempre stato Delitto e castigo di Dostoevskij e i miei personaggi preferiti dei Promessi Sposi sono L'Innominato e Fra Cristoforo, soprattutto quest'ultimo. Alla soglia dei 40 anni mi sono sentita abbastanza forte, da un punto di vista di esperienza umana, per riuscire ad affrontare questo tema" racconta all'ANSA Avallone. Però, spiega la scrittrice, "conosco i miei limiti e non è un caso che il male sia stato compiuto e anche subito durante l'adolescenza che è un luogo del tempo e dell'anima che ho sempre amato e raccontato".
Il romanzo si apre con Emilia e il padre messi a dura prova nel percorrere a piedi la mulattiera che porta a Sassaia. "È stato molto naturale scegliere questo luogo. Si trova nella valle dove sono cresciuta, dei miei nonni, ma non lo conoscevo.
È stata una scoperta del dopo lockdown, quando, assetata di natura, di spazi ampi, ho iniziato a percorrere sentieri diversi. Mi sono lasciata alle spalle il feroce rumore del presente con le guerre, tutta questa violenza che si respira, questo odio delle parole e ho pensato che fosse il posto perfetto per far incontrare due persone che in realtà pensano di non avere più alcun futuro" racconta la scrittrice, mamma per la seconda volta di una bimba di cinque mesi.
L'esperienza vissuta all'Istituto penale minorile maschile di Bologna, dove Avallone ha tenuto dei laboratori sulle parole, quanto ha inciso sulla scrittura di questo libro e sulla creazione dei personaggi di Emilia e Bruno? "Credo che cambiare il nostro uso delle parole sia un po' cambiare le cose. È stata un'esperienza che mi ha rafforzato nell'idea in cui credo e cioè che la cultura è riscatto, la scuola è riscatto. Nel libro ho reinventato di sana pianta un carcere minorile femminile. La figura di Emilia è venuta prima, poi l'incontro con la realtà ti dà carburante. Mi sono sempre chiesta 'ma quando tutto finisce, quando tu hai pagato però hai commesso l'irreparabile, come fai a vivere?' Da una parte stai accanto ad una colpa gigantesca, che non ha riparazione, e dall'altro sei vivo e quindi da qualche parte devi ricominciare. Sono partita da questa domanda perché in letteratura non ci sono soluzioni".
L'unico modo "per riuscire a raccontare Emilia e non giudicarla, per cercare di capire l'incomprensibile, era farlo attraverso gli occhi di un ragazzo che il male lo ha subito, l'innocente, che senza sapere nulla si innamora di lei" dice.
"Ho voluto anche sparigliare le gabbie dei generi - la popolazione carceraria italiana è composta al 93% da uomini - e ho voluto che fosse un uomo la persona chiamata a prendersi cura, a cercare di mettersi in discussione. Mi piaceva questo incontro paradossale tra due esseri umani che vengono da una opposta esperienza del male".
Tanti i riferimenti in Cuore Ner' a tv e social che però restano fuori. "È un mondo che ho fatto lasciare alle spalle, perché ci porta sempre altrove rispetto a dove siamo e invece questo è un grande cammino di consapevolezza: la cosa più importante è non fuggire da ciò che si è fatto o subito ma farsene carico, guardarlo in faccia".
Cuore Nero potrebbe essere il grande libro del Premio Strega 2024. Ma per ora Silvia Avallone, che ha guidato la cinquina dell'ambito riconoscimento nel 2010 con il romanzo d'esordio Acciaio, non ci pensa, "è appena arrivato in libreria" dice la scrittrice.