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Nevo, 'per la pace in MO serve un leader capace di compromessi'

Come mio nonno Eskhol, che fu primo ministro negli anni Sessanta

Redazione Ansa

"Penso che oggi non abbiamo leader, da ogni parte della frontiera, che siano capaci di negoziare, di fare compromessi, compromessi dolcemente: come puoi raggiungere un accordo senza compromessi? Se avessi potuto scegliere un'abilità che mio nonno aveva, avrei fatto questo, negoziare. Ciò significa anche essere empatici, ciò significa anche capire l'altro lato, anche se tu non lo aggredisci. E non abbiamo questo ora in Israele". È la convinzione dello scrittore israeliano Eshkol Nevo, in una conversazione con l'ANSA, alla vigilia della sua partecipazione al festival letterario Pordenonelegge, riferendosi al conflitto in Medio Oriente.
    Lo scrittore è partito da ciò che, a suo avviso, in questa situazione, avrebbe fatto il nonno, Levi Eshkol, primo ministro in Israele per gran parte dei caldissimi anni Sessanta. "Era conosciuto proprio per la sua capacità di negoziare - ha ribadito -. Aveva una frase molto famosa: passo di compromesso in compromesso fino a ottenere ciò che voglio".
    E un'eventuale avvicendamento al ministero della Difesa come si vocifera, sostituendo Gallant con un esponente dell'ultradestra, per Nevo andrebbe nella direzione opposta della soluzione da lui auspicata: "Penso che in questo momento abbiamo bisogno di persone che siano propense all'avvicinamento, abbiamo bisogno di una spinta, di qualcuno che abbia una visione per il Medio Oriente, qualcuno che sia un pensatore indipendente. E, quindi, è meglio che tutto rimanga così, che il ministro della Difesa rimanga l'attuale, soprattutto perché l'ultima volta è finita con dimostrazioni e proteste".
    Nevo è in Italia per una serie di presentazioni di "Legami", un libro di racconti che sta avendo gran successo. "Sono orgoglioso perché è la dimostrazione che un artista può fare quello che vuole, indipendentemente dal mercato editoriale che magari privilegia altri tipi di narrazioni e di marketing. Penso che i lettori lo sentano e mi rimangano accanto. Il mio legame con i lettori italiani è una specie di miracolo nella mia vita.
    È davvero raro che uno scrittore trovi una casa per i suoi libri e io ne ho addirittura due, quella israeliana e quella italiana.
    È una sorta di connessione di cuori, che è quasi inspiegabile".
    Non esclude nemmeno che possa, un giorno, dedicarsi a scrivere un romanzo: "Ho un'idea, ma sento che ora è davvero difficile scrivere a causa della guerra - ha confidato - Le uniche cose che riesco a scrivere sono Il diario di Israele, per il Corriere della Sera, e piccoli pezzi di ricordi biografici di questo anno folle. È difficile scrivere narrativa quando la realtà è oltre la finzione, oltre ciò che hai immaginato.
    Quindi, in un certo senso, sto aspettando che la guerra finisca per iniziare il mio nuovo romanzo", ha concluso. 
   

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