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Zoe e i duri sentieri della vita

Massimo Spinosa esordisce con la storia in salita di una ragazza

Zoe e i duri sentieri della vita

Redazione Ansa

MASSIMO SPINOSA, I SENTIERI DI ZOE (Giacovelli Editore, pag. 102, euro 13,00)

I sentieri di Zoe, giovane protagonista del romanzo di esordio di Massimo Spinosa, si snodano dal paesino di Acquaforte, "un labirinto di pietra grigiastra", diffidenza e ipocrisia dove "tutti si proclamavano santi" ma "sotto sotto, facevano le peggiori porcherie".
    Conducono, segnando ciascuno un capitolo di questo lungo racconto, ad esplorare la vita di Zoe, ragazza dall'esistenza sfortunata: il trauma dell'abbandono della madre in tenera età, la vita con un padre apatico e inetto, che ricorre alla bottiglia come valium esistenziale, lo sfondo di un paesino che appare un concentrato di umori mediocri: bigotto, pettegolo, invidioso, superficiale, avido, rissoso - copia sbiadita di una Sant'Ilario priva della gioiosa vitalità di Bocca di Rosa.
    Zoe, che non segue l'andazzo dei compaesani, finisce ai margini, bersaglio di pettegolezzi e cattiveria, che l'invidia per la sua bellezza alimenta mentre attorno a lei la vita si esibisce un piccolo campionario di tragedie, incontri, amori incompiuti. Ha pochi amici, come lei dei reietti: 'Zecca', un coetaneo che conduce una vita randagia per sfuggire alle angherie del patrigno, e Adele, un'anziana sensitiva che il paese archivia come mezza matta. Oltre allo zio Aldo, l'unico adulto che dimostra un briciolo di sensibilità, a cui Zoe guarda con sincera ammirazione.
    Ma il male, come una serpe, è in agguato tra le sterpaglie della vita e il morso che darà alla ragazza lascerà un segno indelebile, anche lontano da Acquaforte, nella Milano in cui Zoe scapperà nel tentativo di riprendersi la vita. Spinosa, giornalista napoletano trapiantato a Milano, racconta una storia dolorosa con stile asciutto e lo stesso passo svelto con cui la protagonista scansa i compaesani che schifa e da cui è schifata, protesa nella ricerca di qualcosa di autentico che le ferite inferte dalla vita congiurano per precluderle. Lo fa parteggiando, spesso con il sarcasmo amaro a cui lo costringono le bassezze dell'animo umano, per "coloro che il mondo, sbagliando, considera scarafaggi, blatte ripugnanti da schiacciare senza pietà". I protagonisti dei Sentieri di Zoe, alla fine i 'buoni' a cui il libro è dedicato. 
   

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