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Digeribili peperoni per l'esordio di Arianna Mortelliti

Romanzo della nipote di Camilleri. De Giovanni, sangue non mente

La copertina del libro di Arianna Mortelliti

Redazione Ansa

ARIANNA MORTELLITI, "QUELLA VOLTA CHE MIA MOGLIE HA CUCINATO I PEPERONI" (MONDADORI, pp.147 - 17,50 euro)

E' difficile valutare obiettivamente il primo libro di un autore o una autrice se è parente di un grande scrittore: si finisce per parlare del rapporto tra i due, si tenta di sbirciare nella vita di quest'ultimo attraverso gli occhi del parente e si perde di vista il libro, in qualche modo dando per scontato che, se l'opera è buona, è perché c'è lo zampino dell'Autore, e se non lo è, che è stata pubblicata grazie all'influenza di questi. Bene, non è il caso di "Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni" di Arianna Mortelliti.
    Per più ragioni. Perché l'Autore in questione non ha mai letto il libro (della nipote) in quanto scritto dopo la sua scomparsa; in secondo luogo in quanto il libro è oggettivamente bello e maturo, prescindendo da legami di consanguineità.
    Dunque, si potrebbe ironizzare dicendo che mai peperoni furono più facili da digerire, ma il volto dolce e acqua-e-sapone di Arianna Mortelliti cela una grande determinazione e soprattutto un dolore profondo, distillato nel libro, riconducibile allo strappo causato dalla agonia e poi dalla morte del nonno, Andrea Camilleri.
    Peperoni succosi, libro intenso; composto di rimbalzi continui nel tempo e nello spazio che sono i pensieri e i ricordi dei familiari - quasi tutte donne - che ogni giorno vanno in ospedale per sincerarsi delle condizioni di salute del capostipite, Arturo, un uomo di 95 anni ricoverato in stato di coma leggero.
    Pochi minuti al giorno, ognuno entra nella stanza e parla - si confessa - ad Arturo, nella speranza del suo risveglio. Non è solo un appuntamento quotidiano ma un momento catartico, di riflessione e di autoanalisi. Non c'è dialogo: così come ogni componente della famiglia - Carolina, Dado, Nina, Margherita e altri - è bloccato in se stesso, nei suoi segreti e nelle proprie paure, anche Arturo è immobilizzato nel suo stato vegetale sebbene a suo modo "veda" e "senta" ciò che gli accade intorno. Eppure - come nel miracolo della vita, in cui ciascun essere umano è solo ma parte di un arcipelago nei cui codici e regole si riconosce e si affida - la famiglia Baldi e affini come un mosaico diventa una storia corale. Una famiglia affiata e coesa, a dispetto di sregolatezze e tradimenti. Come in ogni famiglia: la straordinarietà della vita quotidiana.
    Consanguineità: Maurizio de Giovanni ne scrive in quarta di copertina, richiamando una legge biologica chissà quanto scientificamente fondata ma a cui ci piace credere, "il sangue ha le sue ragioni. E non mente mai".
   

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