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Capretti Trincia cercare se stessi in New York anni '80

storia d'amore, una città e due giovani che saranno giornalisti

Redazione Ansa

(di Paolo Petroni) (ANSA) - ROMA, 25 SET - LUCIANA CAPRETTI e STEFANO TRINCIA, ''TREDICESIMA STRADA'' (GALAAD ED. PP. 192 - 15,00 Euro) - Oggi, che quella degli homeless e barboni è tornato, con la crisi, ad essere una situazione molto grave e diffusa a New York, leggiamo nel memoire di Luciana Capretti, che firma col marito Stefano Trincia scomparso nel 2018, che negli anni '80 a Manhattan il problema dei senzatetto era drammatico. Quindi racconta come Stefano a una donna nera, di mezza età, nuda, sporca, incontrata su un marciapiede, abbia donato il suo cappotto, rispondendo all'edicolante all'angolo che lo avverte che è una professionista e si spoglia apposta: ''se lo fa vuol dire che ha bisogno''. Un racconto piano, di chi ha accettato con naturalezza la cosa e insieme vuol far capire chi fosse Stefano, e come loro, nonostante le gravi ristrettezze economiche, fossero sempre uno accanto all'altro: ''Aiutarsi, collaborare, darsi il cambio, condividere. E discutere, analizzare. Camminare insieme. I verbi della nostra vita.
    Litigavamo anche. Un'altra giornata sprecata, scriveva Stefano sull'unico diario che tenevamo insieme''. Ed è nel momento che si litiga e ci si confronta che si capisce quanto sia reale il rapporto e come si tratti di amore.
    Un racconto e un atto d'amore quindi verso il compagno scomparso, quello di queste pagine, e assieme una storia di due giovani in America arrivati nel 1981, che erano andati per starci una settimana e vi sono rimasti 25 anni, alla ricerca di se stessi e di come sbarcare il lunario tra reali difficoltà, riuscendo poi, per intraprendenza, incontri fortunati, capacità e dandosi una mano tra loro, partendo dalla tredicesima strada a diventare ambedue giornalisti e corrispondenti dagli Usa per la Rai lei e per il Messaggero lui. Li chiamano ''la coppia'' e sembrano un ottimo ''team'' a Richard Geere, dopo è stato separatamente intervistato.
    Protagonisti quindi loro due ma anche la New York di allora pericolosa, sporca, difficile, povera, quella che li accoglie, ma assieme ricca e sofisticata, ma soprattutto capace, in certe situazioni di cultura e di ricerca tipiche di quegli anni, di riunire individui di estrazioni economiche diverse, di riconoscere curiosità e intelligenza, di premiare l'intraprendenza. Così ecco case di downtown povere, malridotte, e poi le case eleganti, i ricevimenti ricchi di luci e cibi, gli incontri che, se non cambiano una vita, aiutano però a trovare il modo di farlo da soli. Tutto raccontato con la patina tenera del ricordo, ma senza alcuna retorica o sentimentalismi, passando dal quotidiano all'eccezionale tra racconti, particolari, notazioni, aneddoti.
    Le pagine sulla sede Rai di New York di allora sono molto divertenti e rivelatorie: si incontrano due giovani che, senza che nessuno protesti, ne hanno occupato una stanza e vi lavorano da indipendenti, o il signore italiano che borsalino in testa, cartella di pelle, cravatta e vestito grigio consumato vi arriva la sera cercando di non disturbare o chiacchierando di musica e vi si fa chiudere dentro per passarvi la notte e avere un bagno in cui lavarsi.
    Un diario a posteriori sulla propria ricerca di un posto nel mondo, nel nuovo mondo di quel periodo, in trasformazione, fatta mano nella mano accettando ospitalità precarie e poi offrendole, traslocando con un misero materasso in testa e cercando i trucchi per sopravvivere, per non perdere i contatti con casa, in Italia, telefonando gratis con un piccolo imbroglio e così viaggiando sulla metro. Imparando a vivere, mettendo su famiglia, facendo due figli, Luca e Chiara, bravi ragazzi americani, ''da cui ho imparato, per iniziare, a non attraversare la strada col rosso o fuori delle strisce. - Dad, stop! Non puoi farlo! - Ma che problema c'è? Non c'è nessuno! E invece qualcuno c'è, ci dovrebbe essere sempre, è la tua coscienza di cittadino che rispetta le regole'', scrive Stefano in quelle pagine che la Capretti ha aggiunto alle sue. Questo libro ce lo raccontavamo e avremmo dovuto farlo assieme, conclude Luciana, che si è trovata a scriverlo da sola, ma ''con la sua voce, sempre dentro di me, come se stessimo ancora raccontando insieme'' ed è la forza, la verità e il sentimento di queste pagine. (ANSA).
   

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