(ANSA) - BRUXELLES, 30 LUG - MASSIMILIANO COCCIA, SAPRO' DIRE
IL TUO NOME (INDUSTRIA & LETTERATURA, PP. 56, EURO 10).
È la Roma degli spacciatori, dei criminali, delle antichità
rimaste come vestigia di un passato che non tornerà. Non c'è una
ricerca di consolazione o innamoramento per il disagio semmai la
presa d'atto di una non comunicabilità ormai irreversibile. Per
l'autore la poesia sembra rivestire la stessa funzione che ebbe
per Carlo Emilio Gadda di "plasma germinativo" come primo
sguardo sulle cose da raccontare. "Ci stringiamo/ tra ossa
rotte/ dentro un buio d'ottobre dentro una domenica/ di pace/ di
un sole giovane/ in cui mi parli/ in cui mi ascolti
in cui capiamo/ l'inganno raccontato/che per essere amore/si
deve solo patire", scrive Coccia in una delle sue poesie. La
scelta del teatro di posa di questi versi è il Verano, il
cimitero dei romani, "i vivi e i morti" sembrano dialogare tra
queste pagine in cui l'amore arriva come un'amnistia.
Se infatti per i poeti degli anni '90 il sentimento è un
orpello problematico per Coccia è un approdo, riprendendo così
un tema poetico utilizzato da Primo Levi e poi dismesso nel
corso dei decenni. "Di poeti simili ne ha bisogno il nostro
panorama, di voci libere, sincere", scrive nella prefazione
Daniele Mencarelli. (ANSA).
Saprò dire il tuo nome, esordio in versi di Massimiliano Coccia
'Trenta poesia e una ricerca', in una Roma torrida e cruda