Cultura

Chiara Tomarelli e il silenzioso urlo di Benji

In scena fino al 20 all'Argot a Roma con straordinaria prova

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 18 FEB - Senza scena, senza luci, con una sedia pieghevole al centro del teatro che è una scatola nera, per parlare al pubblico faccia a faccia come fosse il suo psichiatra. Una vera prova d'attrice superata a pieni voti per Chiara Tomarelli che al Teatro Argot di Roma porta in scena con coraggio ''Benji'', con i costumi che segnano il suo stato attuale di giovane donna, con il colore di una vita mai vissuta fino in fondo, di Barbara Bessi e la regia a togliere di Pierpaolo Sepe, fino al 20 febbraio. Non ha nemmeno un nome il suo personaggio, creato dalla straordinaria penna di Claire Dowie - qui nella traduzione di Anna Parnanzini e Maggie Rose - caustica scrittrice, attrice, poetessa e pioniera dello stand-up theatre che è nell'empireo della alternativa drammaturgia inglese contemporanea. E senza dubbio fa centro anche in questo testo che l'interpretazione di Chiara Tomarelli rende di una attualità disarmante. Nei giorni del ''bonus psicologo'' assistere a un'ora e mezza di monologo in cui una bambina, poi adolescente, poi donna racconta ''da dentro'' il suo disagio psichico - consumato in una solitudine che fa da eco alle sue inquietudini - guardandoti negli occhi è senza dubbio un'esperienza di grandissimo valore. Dal punto di vista drammaturgico ma anche da quello umano.
    Chiara Tomarelli ha l'abilità di trasformarsi in scena attraverso lo studio di movimenti minimi e inflessioni della voce. Prima è una bambina di otto anni, sola spaventata, che parla come un soffio. Poi adolescente di 13 con quella voce che cresce e trova al suo fianco l'amica immaginaria, Benji appunto, che le dà la forza di affrontare il suo difficile quotidiano.
    Poi a 17 l'esplosione, fisica, mentale, che la porterà più tardi in manicomio e poi in comunità per un breve periodo felice, di accoglienza e sostegno. Li vedi quei personaggi che popolano la vita della protagonista, li vivi, li soffri, ne ridi. Ma Chiara non lascia la sua posizione mai se non per spostare un minimo la sedia, in avanti fino a raggiungere il pubblico che alla fine non può che circondarla tra le braccia accoglienti del suo lungo applauso. (ANSA).
   

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