"Solitamente quando si parla dei De Filippo si finisce a dire 'eh, però Peppino era più bravo'. Peppino era popolare. È stato un grandissimo attore, è entrato nel nostro Dna con Totò, ma non ha scritto Napoli milionaria. E' Eduardo, l'antipatico, che ci ha lasciato la 'polpa'". Dei tre fratelli del teatro italiano, Sergio Rubini parla come fossero lì a pochi metri, dietro le quinte del palcoscenico. "La loro storia è la storia d'Italia, della parte più preziosa del nostro Paese", dice all'ANSA. Dopo il successo del suo film, "I fratelli De Filippo", uscito al cinema a dicembre scorso e poi accolto con il 20% di share di ascolti su Rai1, è già al lavoro per una seconda parte ("i tempi per un film costoso sono sempre complessi", dice). Prima però quella storia la porterà lì dove è accaduta, in teatro, con uno spettacolo che ha lo stesso titolo del film, in cartellone all'Ambra Jovinelli di Roma per tutte le feste di Natale (21 dicembre - 8 gennaio), prodotto ancora da Nuovo Teatro e Pepito Produzioni (come al cinema) insieme a Teatro della Toscana (altre tappe, Caserta, Salerno, Firenze, Avellino e Venezia). "Il teatro - spiega Rubini - è luogo di ricerca, un laboratorio, uno spazio aperto libero e artigianale. Fino a poco tempo fa l'idea di una sinergia con il cinema veniva guardata con sospetto. Invece è una conquista per gli artisti". La pièce, "un po' un sequel e un po' uno spoiler", dice sorridendo per il gergo., "racconterà una parte della storia già vista nel primo film e anticiperà il racconto del secondo. Il mio progetto, infatti, non finisce con la fondazione del Trio, ma tredici anni dopo, quando il Trio anni si scioglie. Ed Eduardo scrive il suo più grande capolavoro: Napoli milionaria". Protagonisti in scena, gli stessi del film con Mario Autore nel ruolo Eduardo, Domenico Pinelli in quello di Peppino e Anna Ferraioli Ravel come Titina, insieme a Jennifer Bianchi, Susy Del Giudice, Francesco Maccarinelli, Lucienne Perreca. Rubini, che firma lo spettacolo insieme a Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini e ne cura la regia, sarà l'antagonista Vincenzo Scarpetta, a far da narratore. "Il teatro non mi piace farlo con le quinte, non mi piace l'infingimento - dice - Sarà una narrazione in cui io racconterò la storia di questa famiglia e si apriranno dei quadri con delle scene. Perché i De Filippo? Perché è la storia d'Italia e la storia di una Napoli preziosa. Noi stiamo rischiosamente esportando nel mondo un'immagine del nostro Paese legata alla malavita, all'inciucio, alla cattiva politica. Per fare business rischiamo di finire come la Colombia: con tutte le serie tv, oggi se mi nomini quel Paese penso al narcotraffico. Invece abbiamo parti sane della nostra storia e della nostra cultura che vanno divulgate. Proprio come quella famiglia, nata in una condizione di emarginazione, e che invece, con il talento e la tenacia, è riuscita a ribaltare il proprio destino". Ma a quale dei tre De Filippo, Rubini si sente più vicino? "E' Eduardo, l'antipatico, che amo profondamente - risponde - Forse proprio perché ha accettato quel ruolo di antipatico, che è il ruolo dell'autore, di quello che si mette fuori scena, guarda e osserva. Era un genio, un precursore. Anche un traditore: con la sua famiglia, con Napoli e anche verso il teatro. Ma per sperimentare bisogna tradire. Penso a quando negli '60 immaginò di registrare tutte le sue commedie per la tv. I teatranti lo additarono. Eppure, la mia compagna, che è molto più giovane di me, è proprio grazie a quell'idea che oggi conosce la sua opera. Bisogna stare molto attenti quando si parla con sospetto di Eduardo - conclude - perché dietro tutto ciò che di lui può sembrare scostante, invece, c'è l'essenza dell'autore".
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