(di Paolo Petroni)
(ANSA) - ROMA, 01 AGO - Appare arroccato in cima alla Val
d'Orcia, sotto Pienza, questo stupendo, microscopico paesino
chiuso attorno alla suo duomo in alte mura medioevali i cui
abitanti da 58 anni mettono in scena d'estate uno spettacolo
teatrale che tutti assieme pensano, scrivono e recitano per
riflettere sulla propria storia, sulla propria comunità e che si
replica tutte le sere sino a ferragosto e vale una bella gita.
Un 'autodramma', come lo definì Strehler, di quello che si
chiama Teatro Povero e che andando a fondo della propria realtà
particolare per esplorarne nel piccolo le verità umane, per
indagare sulle proprie radici, finisce per avere un valore
esemplare, per parlare di tutti. E' quel che accade anche
quest'anno con ''Il velo della sposa'' che si snoda lungo
ottanta anni di storia contadina attraverso tre tappe, tre
tempi, gli ultimi anni di guerra, gli anni sessanta e oggi, che
segnano momenti di cambiamenti profondi sociali e di costume. E
diciamo subito che, a qualche anno dalla scomparsa di Andrea
Cresti, per decenni guida e anima del Teatro Povero, si è
riusciti a risolvere una serie di problemi, sotto la guida dei
nuovi registi, Giampiero Giglioni e Manfredi Rutelli. Si va
dall'aver attuato il difficile ricambio generazionale in un
impegno non da poco, tra ideazione e recite, da fine luglio a
Ferragosto, a un'attenzione nuova al testo e una più
sperimentata qualità della recitazione di molti i cui risultati
sono subito evidenti nella presa dello spettacolo, nei suoi
momenti alti in cui la finzione riesce a trovare la sua verità e
emozionare.
Ecco allora che sulla scena vuota arrivano alcune bambine
eccitate per le nozze di Palmira e il mezzadro Giaccio e che
parlano dei propri sogni di future donne con una vivacità e
naturalezza che stupiscono. Sono gli anni del fascismo e della
guerra che seminano soprusi e lutti e la vita dei due sposi,
vessati dal padrone e dal suo fattore, sarà spezzata dalla
partenza e morte di lui nella guerra d'Albania. La moglie e i
due figli piccoli verranno subito sfrattati e ospitati da
parenti e vicini. Giacco ha comunque lasciato a Tonio e Palmira
il suo insegnamento di voler crescere con coscienza di sé e
impegnandosi a fondo nel lavoro. E i due cresceranno ma
assecondando la loro diverse propensioni che via via li
separeranno del tutto, portando Palmira a studiare e impegnarsi
per gli altri e Tonio a far fortuna economica, sfruttando, negli
anni '60, le possibilità offerte da riforma agraria e boom
economico. Palmira che torna a Monticchiello, dopo essere
stata messa a servizio da giovanissima presso una signora di
Colle Val d'Elsa, e cerca di insegnare a leggere e scrivere ai
compaesani, è un po' la cartina di tornasole, la figura che
rappresenta tutta la comunità e la sua evoluzione sul piano
della presa di coscienza e di attenzione al proprio passato,
cominciando dalla lingua, che nel testo è viva e parlata e usa
parole del dialetto, da pichini (bambini) a scargeo (gran
confusione) per non perderle. Si arriva quindi ai nostri
giorni, con Tonio diventato il padrone imprenditore del paese
(come lo era una volta il padrone delle terre) con le sue
imprese e iniziative il quale, senza scrupoli, sfrutta tutti e
ha cancellato tradizioni e proporzioni paesane per dar vita a
mega matrimoni miliardari internazionali e volgari, mentre la
sorella è vissuta lontano provvedendo a se stessa. Il problema è
che la vita alla fine presenta sempre a tutti il proprio conto.
Il programma e il libretto col testo non riportano mai nomi
di registi e attori, per sottolineare il lavoro collettivo, ma
almeno alcuni anziani attori oramai storici di Monticchiello si
conoscono, come Arturo Vignai, vivace Tonio da vecchio, Idro
Guidotti e Paolo Del Ciondolo impegnati in più parti come molti
altri che, dopo gli applausi lunghi e calorosi, si ritrovano col
pubblico a cenare con i pici all'aglione alla Taverna del
Bronzone, aperta sempre in occasione delle recite teatrali dalla
stessa compagnia cooperativa del Teatro Povero, che anche così
si sostiene, visti i tagli dei contributi pubblici. (ANSA).
A Monticchiello Il velo della sposa parla anche di noi
In scena l'autodramma della gente del paese in Val d'Orcia