Cultura

Il MO dialoga in House di Amos Gitai, per Romaeuropa Festival

In scena Irène Jacob che il regista porta anche a Venezia

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 05 AGO - Uno spettacolo in tante lingue, quella araba, quella ebraica e yiddish, in inglese e francese, che racconta la storia di una casa a Gerusalemme Ovest per un quarto di secolo, attraverso le vite degli abitanti che qui si sono succeduti: arabi ed ebrei, palestinesi ed israeliani.
    Il teatro porta in scena il dialogo e la storia della casa diventa sulla scena metafora e luogo di confronto artistico tra attori e musicisti provenienti da tutto il Medio Oriente, con le loro diverse lingue, origini e tradizioni musicali che si incontrano in scena per cercare di esprimere la memoria del passato e la possibilità di una convivenza. È quello che accade quando va in scena l'ultimo lavoro teatrale di Amos Gitai, House, quest'anno tra i protagonisti della scena internazionale della trentanovesima edizione del Romaeuropa Festival che si svolgerà a Roma dal 4 settembre al 17 novembre.
    Riconosciuto internazionalmente come uno dei punti di riferimento del cinema contemporaneo, il regista presenterà dall'8 al 10 ottobre al Teatro Argentina - per una corealizzazione tra Romaeuropa e la Fondazione Teatro di Roma - la sua pièce teatrale House, prodotta dal prestigioso La Colline - Théâtre National di Parigi e già apprezzata sui palcoscenici di tutto il mondo.
    Non estraneo alle scene teatrali (basti pensare agli spettacoli Yitzhak Rabin creato al Festival di Avignone nel 2016 o Lettere a un amico a Gaza presentato allo Spoleto Festival di Charleston - USA), Gitai torna a sviluppare in House i temi che nutrivano la sua trilogia di documentari La Maison (1980) , Une maison à Jérusalem (1997), e News from Home / News from House (2005).
    "In Medio Oriente più che altrove, il gesto dell'artista è più vicino a quello dell'archeologo. Si tratta di prendere in considerazione gli strati, le memorie e le storie per avvicinarsi alle situazioni umane contemporanee" dice il regista che porta in scena Bahira Ablassi, già protagonista dei film Laila in Haifa (2020) e Shikun (2024), e l'attrice culto Irène Jacob, musa di Krzysztof Kieślowski ne La doppia vita di Veronica (per il quale nel 1995 ha vinto la Palma d'oro al Festival di Cannes) e in Tre Colori - Film Rosso, ma anche protagonista dei film di Gitai Shikun e Why War che sarà presentato alla Mostra del cinema di Venezia 2024.
    Irène Jacob il prossimo 9 agosto riceverà il Leopard Club Award del Locarno Film Festival 2024. (ANSA).
   

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