(di Elisabetta Stefanelli)
(ANSA) - RAVENNA, 18 NOV - Il ritorno di Ulisse in patria di
Claudio Monteverdi, per la prima volta in scena a Venezia nel
1640, si apre con la voce dell'Umana fragilità (''Mortal cosa
son io, fattura umana./ Tutto mi turba, un soffio sol m'abbatte.
/ Il tempo che mi crea, quel mi combatte'') che Pier Luigi Pizzi
nella sua magistrale regia di questo dittico ora in scena a
Ravenna, ha voluto completamente nuda, lasciando il controtenore
Danilo Pastore senza abiti in scena ad esaltare la caducità
delle membra pallide. Ed è questo il segno distintivo del doppio
appuntamento, oltre a Il ritorno di Ulisse in patria, con Didone
ed Enea nel giorno di Santa Cecilia di Henry Purcell del 1689, a
comporre la trilogia d'autunno del Ravenna festival al Dante
Alighieri di Ravenna dal 15 al 19 novembre, che si arricchiva
del recital del controtenore polacco Jakub Józef Orliński,
affiancato dall'ensemble Il Pomo d'Oro, con Beyond.
Storia di eroi quindi costretti a migrare e delle loro donne
come Penelope e Didone, altrettanto segnate dalla sorte, sullo
sfondo della guerra di Troia in cui nessuno però appare
vincitore e pare appartenere a un passato che non ha lasciato
nulla ai suoi protagonisti se non la nostalgia dei sentimenti.
La Fragilità umana dunque come indice di complessità e
ricchezza, che nelle due splendide opere barocche - che qui si
fondono e completano - è esaltata anche dalla presenza delle
figure di controtenore, in una riscoperta di ruoli caduti un po'
nell'oblio che ora l'interesse per la ricchezza delle sfumature
dell'essere umano e della fluidità di genere sta riportando
felicemente alla luce insieme ad opere, come queste, che gli
assegnano ruoli di primo piano.
La fragilità dunque come essenza stessa dell'umanità che la
magistrale regia di Pizzi mette sul piatto di una scenografia
dal bianco accecante, e dalle porte importanti che danno il
senso quasi dell'imponenza dell'altrove rispetto al qui e ora. I
colori sullo sfondo, i tessuti fluidi, la spettacolare aderenza
del cast ai ruoli, ne ha fatto uno spettacolo decisamente degno
di nota. Così anche i vasi comunicanti tra le due opere, che
vanno oltre il senso proprio del testo, con un efficace Mauro
Borgioni nel doppio ruolo di Ulisse ed Enea, Delphine Galou
prima una monacale Penelope poi una maga sensuale, Arianna
Vendittelli prima celebrale Minerva poi passionale Didone. Il
tutto con grande evidenza scenica, a partire dalla presenza
visiva, oltrechè dalla sapienza musicale, di Accademia Bizantina
e Ottavio Dantone, che oltre a dirigere è al clavicembalo. Così
come appare molto felice per l'opera di Purcell incastonare Dido
and Aeneas dentro l'Ode a Santa Cecilia patrona della musica,
dove personaggi dentro e fuori la scena e i ragazzi di una
scuola musicale sono un tutt'uno in un effetto gioioso e
travolgente. (ANSA).
Da Ulisse ad Enea, trilogia a Ravenna, fragilità ed eroi
Monteverdi e Purcell nello spirito di Pizzi e Dantone