(di Freddie del Curatolo)
(ANSA) - NAIROBI, 09 DIC - "Non avevo mai danzato in Africa e
non avrei mai pensato di farlo insieme a quaranta ragazzi in una
baraccopoli di Nairobi: commuovendomi, ridendo e ricevendo
lezioni di vita". A parlare così, con la voce rotta
dall'emozione, è Alessio Carbone.
L'abbandono dalle scene avvenuto proprio a ridosso della
pandemia che chiuse i teatri e le scuole di danza, l'inizio di
una nuova vita, la produzione di spettacoli e ora il desiderio
di rendersi utile anche a chi non ha mai avuto la possibilità di
conoscere la danza classica ed esprimere il proprio talento,
alle prese con ben altre necessità ed ostacoli.
"Così sono venuto a conoscenza di Still I Rise,
l'organizzazione fondata da Nicolò Govoni che ha Scuole
d'eccellenza per bambini disagiati in varie parti del mondo -
racconta all'ANSA l'ex étoile -, dopo aver messo in scena lo
scorso giugno uno spettacolo per raccogliere fondi al teatro
Carcano di Milano, con Nicolò abbiamo deciso di portare
l'armonia e la bellezza della danza a Mathare, uno degli slum
più poveri e problematici della capitale keniana".
Passi leggeri, arabeschi di luce, coreografie di speranza.
Giornate intere con quaranta allievi speciali, alcuni dei quali
provenienti da campi profughi in bilico tra guerre e malattie,
altri strappati ad un'esistenza costretta tra baracche di
lamiera, soprusi e microcriminalità. "Vivendo, mangiando e
dormendo con loro, prima ancora di insegnare evoluzioni
improbabili per quella realtà, ho trovato sogni, purezza e
voglia di riscatto. E alla fine è più quello che ho imparato di
quel che ho cercato di trasmettere attraverso la danza" ammette
Carbone.
Still I Rise in uno dei quartieri più poveri di Nairobi ha
creato una realtà unica, una scuola di eccellenza che offre
gratuitamente il percorso del baccalaureato internazionale, una
di quelle scuole che si potrebbe permettere solo lo 0,1% dei
bambini privilegiati della Terra, per formare giovani che pur
essendo nati dalla parte opposta della fortuna, potranno
diventare il futuro del Kenya, e non solo.
Come nella danza ci si muove, si vola, si cade e si rinasce,
per Carbone, l'esperienza di Nairobi è solo un nuovo punto di
partenza. "Sono orgoglioso di aver aperto questa porta
necessaria con Still I Rise. Ho ancora negli occhi il saluto dei
ragazzi, l'improvvisato saggio e la festa dell'ultimo giorno, lo
smarrimento del mio "ballerino" preferito che era stato portato
lì da un orfanotrofio e non aveva nessuno che lo venisse a
riprendere. Io ho tre figli di 10, 8 e 3 anni. Quasi ogni sera
mi collegavo in video con loro e li facevo interagire con i
ragazzi di Mathare. Finita questa prima avventura, mi ritufferò
nelle produzioni e tournée italiane, ma il sogno è di poterli
portare a vivere l'emozionante esperienza a cui ho avuto il
privilegio di prendere parte". (ANSA).
La danza dell'étoile italiana nello slum di Nairobi
Alessio Carbone: 'lezioni di vita dai bambini keniani'