Cultura

Beatrice Borromeo, la mia docu-serie Il Principe affronta verità

Si racconta a Vanity Fair e poi The Rock su dinastia Grimaldi

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 04 LUG - Beatrice Borromeo, 37 anni, regista e produttrice, ha diretto Il principe, nuova docu-serie italiana Netflix (prodotta da Mde), disponibile su Netflix da oggi dedicata al famoso delitto del 1978 al largo dell'isola di Cavallo che portò alla morte del giovane Dirk Hamer e al coinvolgimento di Vittorio Emanuele di Savoia, la regista si racconta sul nuovo numero di Vanity Fair (in edicola dal 5 luglio e disponibile online sul sito di Vanity fair)al direttore Simone Marchetti spiegando perché questa storia l'ha toccata da vicino.
    "Mia madre era ed è la migliore amica di Birgit, sorella di Dirk. Ma questo non mi ha impedito di prendere la giusta distanza dalla storia per fare il mio lavoro da regista. Io credo nel valore dell'ascolto e dell'incontro". Nell'intervista parla anche del The Crown monegasco: l'ambizioso film The Rock che sta preparando sulla dinastia Grimaldi, del suo impegno di reporter, dei momenti rischiosi in cui si è trovata, del matrimonio con Pierre Casiraghi - un uomo che l'ha sempre incoraggiata e un padre fantastico, che c'è sempre, tutti i giorni, che non manca mai - e dei loro figli, Stefano, 6, e Francesco, 5, per i quali vorrebbe un'infanzia diversa dalla sua.
    "Mia madre e Birgit erano amiche da studentesse nella Roma degli anni Settanta. Lei ha saputo dell'accaduto mentre tornava da un viaggio in Cina e si è subito precipitata da Birgit. L'ha protetta, l'ha portata a Milano dopo la sparatoria, per toglierla dalla sofferenza agonizzante del fratello e della famiglia. E quando Dirk è morto, dopo 19 operazioni, ha organizzato il funerale a Roma. Ma questo non mi ha impedito di prendere la giusta distanza dalla storia per fare il mio lavoro da regista", racconta Betrice Borromeo.
    "Vittorio Emanuele ha fatto cose molto gravi. E non parlo solo della sparatoria ma anche di come ha gestito la faccenda negli anni successivi. Ma quando ti sforzi di incontrarlo, allora il paradigma del mostro, del cattivo evapora. Intervistandolo, nel documentario si scopre che è stato un buon padre nonostante abbia avuto due genitori assenti. Idealmente, poi, avrei potuto costruire il film sulla base del dubbio: è stato lui? Non è stato lui? Qui, però, c'è l'evidenza dei fatti, che resta insormontabile". (ANSA).
   

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