Cultura

The Beach Boys tornano insieme nel docu di Disney+

In streaming la storia della band del sogno californiano

Redazione Ansa

Frank Marshall, regista e produttore di lungo e fortunato corso a Hollywood, si è accostato alla storia dei Beach Boys mosso da una semplice domanda: "Perché la loro band ha funzionato e la mia no?". Nato nel 1946, cresciuto a Newport Beach, a sud di Los Angeles, ha raccolto materiale d'archivio, video familiari inediti e decine di interviste per confezionare il toccante documentario sulla band che oggi esce su Disney+. "Al liceo facevo surf e avevo un piccolo gruppo. Mio padre mi aveva insegnato a suonare la chitarra e facevamo musica surf, tutta strumentale. Poi sono arrivati questi ragazzi, che hanno aggiunto testi e armonie al genere e c'è stata storia per nessuno", ha scherzato Marshall alla première di The Beach Boys al Chinese Theatre di Los Angeles. Insieme a lui, sul tappeto rosso, sul palco e poi nelle foto di rito, c'erano alcuni degli ex-ragazzi che hanno stravolto la storia del pop, con armonie gioiose e profonde allo stesso tempo: Al Jardine, che oggi ha 81 anni, Mike Love, 83, David Marks, 75, Blondie Chaplin, 72, e Bruce Johnston, 81. Ma l'ospite d'onore, che ha suscitato la standing ovation del teatro più antico dell'Hollywood Boulevard è stato Brian Wilson. Quella di martedì, in sedia a rotelle e circondato dagli ex compagni, è stata una delle sue rarissime apparizioni pubbliche, dopo che il 10 maggio un giudice ha approvato la tutela legale per l'anima del gruppo, oggi 81enne e malato di demenza. Marshall ha riunito la band sulla spiaggia di Malibu dove fu scattata la foto di copertina di Surfin' Safari, il primo album uscito nel 1963. "La loro musica è il suono della gioia. Ho pensato che sarebbe stato poetico rimetterli insieme 60 anni dopo, proprio qui, dove tutto è iniziato, con il surf color panna e righe azzurre che usarono per lo shooting". Attorno a un tavolo del mitico ristorante sulla spiaggia Paradise Cove, con una chitarra e vari boccali di birra, sono fioriti gli aneddoti e un'ora e 53 minuti di documentario, tutto commozione e sorrisi. "Ho indagato soprattutto le origini della band - dice il regista -. Dare gli strumenti a questi ragazzi è stato come dare la palla a dei bambini che vogliono giocare. L'entusiasmo era travolgente e la loro musica lo è tuttora. Gli eredi e i membri ancora in vita sono tutti stati al gioco. Abbiamo davvero rivoltato materassi e soffitte, trovando filmini di famiglia mai visti prima". "Il giorno in cui abbiamo deciso che avevamo bisogno di strumenti è stato il momento più toccante da ricordare - ha spiegato Al Jardine alla premiere - Nessuno di noi suonava davvero. Eravamo bravi con i testi, avevamo quest'idea di una canzone sul surf, ma non sapevamo esprimerci se non a cappella attorno a Brian al pianoforte. Allora ho suggerito: 'Potremmo esibirci per mia madre. Magari ci paga gli strumenti'. Così siamo andati a casa sua. Ci siamo seduti in cerchio sul pavimento e abbiamo eseguito "Surfin'". Lei ci fa: 'Ragazzi, amo la vostra musica e vi darò i soldi'. Il resto è storia. Grazie mamma!". È Mike Love a rispondere al cruccio iniziale del regista. "Penso che quello che ci rende popolari ancora oggi sia che le nostre armonie sono nate in famiglia e sono piene d'amore - ha considerato Mike Love - Good vibrations, Fun, Fun, Fun, Don't worry, baby, o Wouldn't It Be Nice sono ancora rilevanti nel mondo d'oggi, in queste condizioni drammatiche. Sia che stiamo bene, sia che non stiamo bene. Tutti dobbiamo affrontare delle sfide. La musica ci aiuta".

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