Cultura

Gabriella Ferri, il docu che omaggia l'anima di Roma

Autore, "volevo catturare la sua essenza". Il 12 ottobre su Rai3

Redazione Ansa

Una cantante, un'attrice, un'interprete, un clown, il simbolo di una città intera. Gabriella Ferri è riuscita, con la sua personalità dirompente, affascinante e ombrosa, a incarnare l'anima di Roma, della sua Roma. A ricordare e a rendere omaggio alla regina della musica popolare è il documentario Gabriella, di Giovanni Filippetto con la regia di Alessandro Galluzzi, coprodotto da Red Film con Rai Documentari e Cinecittà e in onda sabato 12 ottobre in prima serata su Rai 3 (dopo l'anteprima del 10 ottobre al Cinema Farnese Arthouse di Campo de' Fiori, zona amata dall'artista).

Un racconto intimo che ripercorre la vita di Gabriella Ferri dalla nascita nel quartiere di Testaccio fino al successo degli anni Ottanta. Una voce iconica che ha cantato, interpretato e amato Roma tanto quanto Roma ha amato lei. "Era da un po' di tempo che volevo dedicarmi a Gabriella Ferri, soprattutto perché non è stata tanto raccontata, e invece ha la forza di una grande narrazione originale, anche con i suoi lati oscuri", spiega l'autore Giovanni Filippetto. "È stata una cantante interprete molto sui generis. Straordinaria e originale allo stesso tempo. Cantava canzoni dialettali, della tradizione popolare, ridandole però vita. In qualche modo riusciva a riscriverle con la sua voce e la sua interpretazione. E questa era, ed è ancora oggi, la sua forza". Non una vera e propria biografia, ma l'affresco di una personalità composita, ricordata tra gli altri da amici e colleghi come Carlo Verdone, Tosca, Renzo Arbore, Syria, Pierfrancesco Pingitore, Pippo Franco.

"Nessuno l'ha messa sull'altarino e basta: tutti ne hanno raccontato le varie sfaccettature. Ho cercato di cogliere la sua essenza, fotografare un periodo particolare della sua vita - racconta ancora Filippetto -: quando 18enne, senza arte né parte, comincia a frequentare piazza del Popolo, dove negli anni Sessanta si riunivano artisti di tutti i tipi. Da lì l'inizio della sua carriera con il successo in tv raggiunto tra gli anni Settanta e Ottanta". La città eterna ha accompagnato Gabriella Ferri sin dall'inizio della sua carriera. Dopo gli esordi milanesi in coppia con Luisa De Santis, Gabriella tornò da sola nella sua Roma, nel 1966, per approdare al Bagaglino, divenendone la cantante ufficiale. Artista poliedrica, rimangono nella memoria le sue performance nei programmi Rai Dove sta Zazà e Mazzabubú. Nel 1969, la sua unica partecipazione al Festival di Sanremo con Se tu ragazzo mio, in coppia con Stevie Wonder. Dagli anni '70, il successo discografico in Italia e nel Sud America, che ha fatto innamorare il pubblico dei suoi stornelli romani e non solo. "Ma è sempre rimasta fuori dalle logiche mainstream, non si sentiva di fare parte di quel mondo, anche per quel suo modo di affrontare la vita, facendo sempre di testa sua. Era scaltra, pungente, interessante. Ma è stata anche un po' dimenticata. Il successo lo ha avuto soprattutto in tv, perché non amava esibirsi dal vivo. Lavorava negli anni di Mina e di Raffaella Carrà, ma non era come loro. Era unica: lei, pur bella, non si presenta come tale. Si veste da clown, è imprendibile. Ma questa sua imprendibilità è anche fonte del suo dolore. Ha sofferto il mondo dello showbiz che quindi l'ha respinta. Ancora oggi sarebbe un unicum", spiega l'autore, sottolineando come non si sia mai trincerata dietro al personaggio, rimanendo sempre "molto se stessa. Pagato anche le sue scelte".

L'eredità di Gabriella Ferri continua oggi a vivere attraverso l'arte di una nuova generazione di artisti romani che si sono ispirati alla sua voce. Uno tra tutti Mannarino. Forse non è stata capita fino in fondo, dice ancora Filippetto, "o forse è stata lei stessa a non voler essere capita"

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