(ANSA) - ROMA - Quando ci sono di mezzo sport, soldi e salute è difficile cambiare le cose. Lo sapeva bene Bennet Omalu, il neuropatologo americano di colore che cercò con tutte le sue forze di rendere pubblica una sua importante quanto scomoda scoperta: il fatto che una malattia degenerativa del cervello colpiva i giocatori di football vittime di ripetuti colpi subiti alla testa. Questo il tema del film Zona d'ombra (Concussion) di Peter Landesman (Parkland), già apertura al Bif&st di Bari e ora in sala dal 21 aprile distribuito da Warner Bros.
Una storia, quella raccontata da Landesman, di ostinata ricerca della giustizia durata anni nella quale il medico (Will Smith) tenta di smantellare le interessate resistenze dell'ambiente sportivo che, per motivi politici ed economici, preferiva consapevolmente non vedere mettendo a repentaglio la salute degli atleti. Il film, basato in parte sull'articolo 'Game Brain' scritto da Jeanne Marie Laskas nel 2009 per GQ e poi divenuto un libro dallo stesso titolo, 'Zona d'ombra' (Edizioni Piemme), esplora il lato nascosto dei rischi che corrono i giocatori di football concentrandosi in particolare sui traumi cerebrali.
Tutto inizia quando sul freddo marmo dell'autopsia approda Mike Iron Webster (David Morse), uno dei piu' grandi giocatori di football americani, una vera e propria leggenda da Hall of Fame. L'uomo morto a soli 50 anni e' sezionato dal giovane patologo forense Bennet Omalu. Un tipo pignolo che non si dà pace per capire cosa mai possa essere successo a questo campione per averlo portato in breve tempo prima alla demenza, e poi alla morte. La malattia di Webster non è pero' frutto del caso, ma causata dai ripetuti colpi alla testa presi in gioco, equivalenti a 25.000 trauma cranici. La malattia ha anche un nome, si chiama Encefalopatia traumatica cronica e presto altri giocatori ne presentano i sintomi. Ma per la NFL, la National Football League, una delle corporazioni piu' potenti e ricche d'America, Omalu e' solo un mitomane, uno che dice il falso.
In questo medical-thriller con mega cast (Alec Baldwin, Luke Wilson, Gugu Mbatha-Raw, Arliss Howard, Paul Reiser e Albert Brooks) tanto ritmo con il valore aggiunto di Will Smith, che non sbaglia un colpo quando si tratta di portare avanti un prodotto classico senza troppe sfumature. Frase cult del film quella che i colleghi dicevano a Bennet Omalu: "Smettila di frequentare i cadaveri".
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