(di Nicoletta Tamberlich)
Parla di epicità, fuori dalle regole,
semplicità, ma l'incubo più ricorrente che lo assale quando è
sul set "è quello di aver dimenticato il copione, o di aver
perso la borsa che lo conteneva".
Terence Hill, al secolo Mario Girotti, a 79 anni torna al
cinema, dopo 20 anni, con un film "Il Mio Nome è Thomas" che lo
vede regista e protagonista.
Solitario si fa per dire: Lucia, ragazza vulcanica e
problematica, entra prepotentemente nella mia vita. Dopo averla
difesa dall'aggressione di due delinquenti, stringiamo una
tenera amicizia".
Finalmente una donna accanto a Terence Hill? - "E' Vero. Ci
sono tanti tipi di attori, io non ho la certezza che in ruoli
opposti da quelli cui ormai il pubblico è abituato, riscontrerei
lo stesso gradimento. Magari è una mia semplice fissazione".
Nel titolo 'Il Mio Nome è Thomas' ricorda il mio nome è
Nessuno, in cui un giovane Terence Hill aveva recitato affianco
a Henry Fonda con la produzione di Sergio Leone, è un omaggio?
"In verità doveva chiamarsi in un altro modo (Io Viaggio da
solo) ma era troppo lungo. Detto questo ci tengo a dire che
Leone in quel film mi ha insegnato i fondamentali ha svelato
anche il suo lato umano, si è commosso in una scena al mixaggio
del mucchio selvaggio con Harry Fonda - mi teneva spesso al suo
fianco - quando finalmente l'ha vista come doveva essere, nel
modo giusto. Mi disse 'guarda questo è il west'. Inoltre mi ha
fatto comprendere l'importanza della musica. Leone resta nella
storia del cinema in generale a prescindere dal genere".
"Ho pensato a questo film 10 anni.- aggiunge- La storia solo
in parte mi è stata ispirata dalla lettura di un libro, che 20
anni fa in America mi aveva passato mia moglie, scritto da Carlo
Carretto (1910-1988, già dirigente di Azione cattolica, poi
religioso dei Piccoli fratelli del vangelo coscienza critica e
guida di una generazione, monaco che nel '54 si ritirò nel
Sahara dove visse dieci anni ritmati da silenzio e lavoro). Il
volume viene mostrato nel film in una delle sue prime edizioni
che si apre con Terence Hill sonnecchiante su una sedia da
barbiere, mentre un gatto gli passa sotto e un'aquila lo
sorvola. Quando si sveglia eccolo subito accendere una roboante
Harley Davidson dopo aver detto: 'Vado in Spagna per rileggere
questo libro nel deserto…'".
In fondo anche Don Matteo, giunto all'undicesima stagione che
sta per concludersi, "è un cowboy di cui non conosciamo il
passato come il mio nome è nessuno (che era un personaggio
ispirato inizialmente ad Ulisse)". Per Terence, Trinità "fu una
rivoluzione. Allora il genere western aveva stufato il pubblico.
Io e Bud abbiamo aiutato a trovare i produttori. Con quel film,
tra l'altro, ho scoperto anche il mio lato ironico, che non
sapevo di avere. Più dietro alla cinepresa in verità che nella
vita devo dire. Leggerezza come lo è stato Don Matteo, anche se
in questo ultimo caso nessuno conosce il vero miracolo del
successo di ascolti". Però Il mio nome è Thomas non lo voleva
produrre nessuno. "Ci ho messo dentro un bel po' dei nostri
soldi chiedendo un prestito negli Stati Uniti". Terence Hill ha
vissuto per 30 anni, racconta, in "un paese Massachusetts dove
c'erano più tacchini che cittadini. Poi da qualche anno vivo in
Umbria dove ho preso casa e ogni tanto vengo a Roma". Terence
confessa infine: "Il mio sogno sarebbe che la gente uscendo dal
cinema non commentasse la regia, gli interpreti, la
scenografia... ma si facesse una sola domanda ti è piaciuto? Ha
passato 95 minuti gradevoli?".
Terence Hill, torno al western ma in moto
Il mio nome è Thomas in sala da 19/4.'Anche Don Matteo è cowboy'