(di Margherita Nanetti)
(ANSA) - ROMA, 16 SET - MASSIMO CULTRARO, L'ULTIMO SOGNO
DELLO SCOPRITORE DI TROIA (EDIZ. STORIA E STUDI SOCIALI, 220 PP,
16 EURO) Piu' di trenta anni - dal 1958 al 1890 - e' durato il
vivace rapporto senza tregua di passione e 'repulsione'
dell'archeologo tedesco Heinrich Schliemann con l'Italia.
Questo lungo periodo di alti e bassi tra il nostro Paese e
l'uomo che scoprì il sito di Troia e divenne una leggenda, e'
indagato, per la prima volta con ampiezza e occhio critico da
Massimo Cultraro, professore di Paletnologia e Preistoria Egea
all'Universita' di Palermo, primo ricercatore del Cnr a Catania
che in tanti viaggi, da Atene al Giappone, ha arricchito il
bagaglio di tasselli preziosi. 'L'ultimo sogno dello scopritore
di Troia' e' il volume nato da questa ricerca, appena pubblicato
dalle 'Edizioni di storia e studi sociali' di Ragusa e
presentato a Roma nella libreria 'Fahrenheit'.
Dall'Emilia, alla Sicilia con i tanti scavi a Mozia, Taormina
e Segesta, per ricordarne solo alcuni, fino alla etrusca
Populonia, e alle vulcaniche pendici laziali, alla ricerca nelle
vigne di Albano della mitica Alba Longa narrata da Virgilio, e'
senza sosta la caccia di Schliemann all' approdo italico degli
esuli micenei, 'fantasmi' scampati al crollo delle mura iliache
e dispersi nella diaspora attraverso il Mediterraneo.
"Il suo viaggio si intreccia con la storia l'Italia - scrive
Cultraro - passando dagli stati pre-unitari alla nuova realtà
istituzionale unificata; da acuto osservatore, Schliemann
fotografa ed esamina un paese in forte trasformazione, dominato
da profonde contraddizioni e da alcuni malesseri che, agli occhi
del viaggiatore tedesco, apparivano endemici e, pertanto,
incurabili". Notevole la mole di materiali e documenti
esaminati: ogni giorno Schliemann scriveva almeno venti lettere
di cui teneva copia con una speciale carta da ricalco.
Nell'archivio ateniese che porta il suo nome, e che fu regalato
allo stato greco da Ifigenia e Agamennone, i figli avuti da
Sofia, l'ultimo censimento del 2015 conta 60mila lettere da lui
inviate e 34mila ricevute dai suoi mittenti. Lo studioso, ci
ricorda Cultraro, scriveva nelle lingue dei paesi nei quali
soggiornava per affari e scavi. I 18 diari di viaggio di
Schliemann, scritti dal 1846 al 1890, mutano lingua di continuo
e parlano francese, italiano, greco moderno, inglese, tedesco,
spagnolo, russo, arabo, turco e persino olandese. Le lingue
antiche le aveva già studiate adolescente, sotto la severa guida
del padre pastore protestante. Un corredo di fotografie di
Schliemann e della sua epoca, e delle antichità sommerse che
riportò alla luce, arricchiscono questo libro snello e agile
anche grazie a un indice dei luoghi e delle fonti.(ANSA).
I 'fantasmi micenei' di Schliemann
Prima indagine sul lungo Grand Tour dello scopritore di Troia