di Paolo Petroni
MAURIZIO BETTINI
''IL PRESEPIO''
(EINAUDI, pp. 180 con illustrazioni - 19,00 euro)
Nelle case, specie quelle dove ci sono bambini, in questi giorni si è costruito il presepe, magari facendo una puntata a Napoli in via San Gregorio Armeno per vedere le ultime novità e comprare oggetti di scena o personaggi. Il Presepe è infatti un teatro, una scena di teatro di figura che rappresenta la natività in un divenire che va dalla comparsa della stella cometa all'arrivo dei re Magi e come tutte le sacre rappresentazioni è frutto di una lunga evoluzione, di riscritture successive che portano al senso e alla comunicazione culturale che conosciamo oggi e che ha valore fondativo per tutta la comunità cristiana.
Maurizio Bettini, docente di Filologia classica all'università di Siena e studioso di miti e tradizioni nell'ottica dell'antropologia culturale, ricostruisce il percorso e la nascita attraverso i secoli del nostro presepe, quello che conosciamo oggi, individuando l'origine di tanti aspetti, se, per esempio, né di capanna né di grotta e tanto meno del bue e l'asinello si parla nei vangeli di Luca, che cita solo una mangiatoia e i pastori, e Matteo, che anzi parla di nascita in una casa. E' San Gerolamo che cita la grotta, quasi a riempire una lacuna di Luca, e ricorda che si trattava della stessa grotta dove un tempo di venerava Adone, amante di Venere.
I miti classici, la letteratura specie latina, servono a capire il percorso che porta a Greccio dove si dice che San Francesco per farne una nuova Betlemme costruì il primo presepe nel 1223. Prudenzio, il grande poeta cristiano antico del IV secolo dopo Cristo, racconta della nascita di Gesù in un paesaggio in cui ''i rigidi massi, sconfitti, hanno rivestito di erba le loro selci'' e ''già la quercia, dal suo arido tronco, stilla gocce di amomo, già la tamerice trasuda balsamo'' e arrivano ad adorarlo ''i bruti animali... e i quadrupedi si avvicinano alla mangiatoia'', affermazioni che pur nella loro genericità oggi ci piace leggere come prime allusioni alla presenza del bue e dell'asinello, che del resto a quell'epoca si trovano rappresentati accanto al bambinello in decorazioni scolpite di sarcofaghi. Bettini si chiede perché si parli, a cominciare da vangeli apocrifi, di queste bestie e proprio sempre di un bue e un asino che finiscono ormai già da soli a simboleggiare la scena della nascita, del natale. Le due figure prendono corpo a seguito di colte dispute teologiche, hanno un valore chiaramente simbolico che aiuta a capire anche il senso della mangiatoia, che è il luogo in cui nasce il verbo affinché, come scrive Isaia ''il bue riconosca il suo possessore e l'asino la mangiatoia del suo padrone'': il bue è colui che è sotto il giogo della legge, quindi il giudeo, mentre l'asino, animale che porta pesi, colui che è gravato dal peccato d'idolatria. E così messi assieme a mangiare nella simbolica mangiatoia della conoscenza, per San Paolo prendono ''la forma di un sol uomo nuovo'', con il primo che appunto libera dal giogo della legge e l'altro che sgravia dal fardello dell'idolatria. Senza nulla togliere alla magia semplice dei bambini che il presepe lo fanno ogni anno, ne manovrano i personaggi, aggiungono il bambinello o fanno avanzare i Magi, c'è poi naturalmente da capire la differenza di ruoli tra spettatori e attori all'interno della rappresentazione. Da una parte abbiamo l'importanza dei pastori, col loro stupore e forza di testimonianza del prodigio che si compie davanti ai loro occhi; dall'altra c'è per esempio da indagare chi fossero e cosa rappresentino i Magi che arrivano con i loro tre doni, oro, incenso e mirra. Ma non vogliamo svelare tutto qui, che la lettura del colto saggio storico antropologico di Bettini, per chi fosse interessato, è ben scritto e quindi avvincente come ogni lento svelamento di un mistero, quello di questa ricorrente ricostruzione della scena, che si manifesta e ha valore solo in quel momento, in quei giorni: ''un presepio sottratto al calendario, sopravvissuto al suo tempo, non è più vivo, è imbalsamato'', non è più una recita, ma una fotografia, ricordo testimonianza di quel che è stato al momento giusto.