(ANSA) - ROMA, 11 OTT - SACHA NASPINI, ''OSSIGENO'' (E/O, pp. 212 - 16,00 euro). Questo nuovo romanzo di Sacha Naspini è all'apparenza tutt'altra cosa rispetto alle pagine forti, intense, all'amara e umanissima cattiveria maremmana, al nero ma col sorriso sotto i baffi, al vitale racconto collettivo di quel bellissimo libro che è 'Le case del malcontento'. Se quello era un quadro, la costruzione di un mosaico del male, questo è l'indagine sulle conseguenze del male, capace di annidarsi dove uno meno se lo aspetta e insidioso nella sua capacità di riproporsi, di imprigionarti con i suoi meccanismi mentali. Ma tutti e due raccontano di animi prigionieri e hanno un apparente lieto fine tra l'onirico e la favola smentito dalla realtà. ''Ossigeno'', quell'aria che manca in modo diverso a tutti i personaggi, è un vero romanzo nero, di azione ma psicologico e non un poliziesco, che se morti e un'indagine vi è stata, qui non se ne parla e si parte dalla sua conclusione. Tutto subito si concentra nell'emblematico Insetto stecco che dà non a caso il titolo al primo capitolo, imprigionato in un bicchiere per osservarne le reazioni dal famoso antropologo e docente universitario Carlo Maria Balestri e subito liberato da suo figlio Luca, di cui si occupa amorevolmente dopo la morte della moglie. Capitolo che inizia con ''Vennero a prenderlo alle otto di sera'' il 6 ottobre 2013, proprio lui, proprio l'illustre professore, che, si è scoperto per caso, teneva da 14 anni una ragazza rapita chiusa in un container. Il romanzo prende l'avvio subito, coinvolgente, spiazzante, inquietante, insinuante, aggiungendo i nuovi dati ai ricordi della vita normale del figlio, così, a proposito dell'estate del 1998: ''Mentre mi tuffavo dallo scoglio più alto per impressionare quel mio amoretto estivo un'altra ragazzina se ne stava al buio di un container. Con il caldo doveva trasformarsi in un forno. Una catena al collo...'' Ed è il romanzo di Luca, che ha 27 anni la sera dell'arresto del padre, che sparisce dalla storia col mistero del suo animo malato. Luca che resta solo prigioniero di quel che è accaduto, della rivelazione di essere figlio di un mostro, crepa nera e profonda cui poco riescono a far fronte le parole di un'analista. La sua vita viene sconvolta sino a costringerlo a cambiare cognome per non essere subito identificato come il figlio del ''mostro del golfo'', dopo che è stato lasciato dalla sua fidanzata mentre lui si smarrisce e angoscia alla ricerca di un senso, di un'infanzia e adolescenza che gli paiono ora del tutto false.
Ed è il romanzo di Laura che è stata anni e anni chiusa in una scatola, oggetto del folle esperimento di un... maniaco, ma non sessuale, che non l'ha mai toccata. E' il romanzo del suo ritorno alla vita e dei conti anche con l'impotenza di sua madre, con le sue amiche di un tempo. Quando Luca la pedina per vedere cosa è, come è diventata e vive, obbedisce a una necessità che non sa controllare. Lui e tutti gli altri sono prigionieri e si imprigionano, vittime del passato e di forze oramai più forti di loro in un gioco di specchi, come non avessero più in futuro. Così è naturale che ci si ritrovi a un certo punto a sorpresa sul luogo del delitto, in un percorso di colpi di scena, fatto di costrizioni, di bisogni insopprimibili, di vite infettate dal male. Una storia così, tutta invenzioni sorprendenti eppure consequenziali, una narrazione a incastri e ribaltamenti, ma che scorre piana e tenuta in continua tensione, non riuscirebbe a essere viva e arrivare nel profondo se non fosse per la qualità della scrittura, misurata, pulita, mai ad effetto a cominciare dall'uso di aggettivi, evitando metafore per raccontare col distacco di una cronaca. E della capacità di scegliere e creare la lingua e il tono giusto per un racconto Naspini aveva già dato mirabile prova in ''Le case del malcontento'' (che tra l'altro stanno diventando una serie tv internazionale col titolo ''Grudgeville''). (ANSA).
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