CHIARA MEZZALAMA, DOPO LA PIOGGIA'' (E/O, pp. 214 - 16,50 euro)
Si scopre via via, andando avanti in questa storia di disastri ambientali e di vite ferite dalla propria sofferta normalità, che i personaggi fanno parte, sono parte viva del mondo, della terra, dell'ambiente appunto in cui vivono, e per scoprire che bisogna correre ai ripari si deve arrivare a situazioni limite, di crisi liberatoria.
''Il cielo era nero come il piombo sebbene si avvicinasse l'alba... la pioggia cadeva fitta e senza tregua'' o ''gli alberi erano piegati dal vento.... ebbe l'impressione che la strada, gli alberi, il cielo stessero per inghiottirli'' e ancora ''la nebbia che risaliva la valle pareva divorare il paesaggio... quel fiume da attraversare era una ferita. Da un lato i figli, dall'altro tutto il resto di sé''. Le visioni apocalittiche, il sentirsi in balia della furia del maltempo, tornano via via a sottolineare la situazione, in cui l'auto di lui come quella dall'altra parte di lei si impantanano e non sanno più dove sono. Ma solo allora, sentendosi perduti, può cominciare qualcosa di nuovo. Sia Ettore che Laura, ognuno per proprio conto, entrano così pin piano in contatto con l'altro se stesso, sconosciuto e da scoprire, calata la maschera dell'uomo preso solo dal lavoro e della casalinga e madre avvilita e sola che ha rinunciato a un'occasione importante di lavoro e ha sotterrato quel suo ''lutto in una scatola nera in cui si erano accumulate tutte le incomprensioni reciproche''. Nel percorso per ritrovare la propria autenticità, per liberarsi dell'inquinamento quotidiano come sembra stia facendo anche la natura attorno a loro, sono aiutati da alcune esperienze e incontri con personaggi particolari, quasi momenti iniziatici, comunque rivelatori, come lo sarà il soggiorno in un convento con suore che praticano l'agricoltura sostenibile e naturale, quando la famiglia si riunisce. L'ecologia, ambientale e umana, che sta a monte del racconto ha comunque il vero motore nella donna. E' lei che rompe l'equilibrio inziale e lo vive sino alla fine nel momento in cui si torna assieme al Faggio rosso, dove tutto è però sconvolto, con un albero crollato sul tetto squarciandolo e gli altri ammassati uno sull'altro sradicati alla rinfusa: ''quelle rovine erano il senso profondo della nostra esistenza... le parole di Ettore - 'E' tutto da rifare' - risuonarono in me come una campana in una notte di silenzio e di morte'', allora ''mi sono arresa e arrendendomi ho trovato la forza di reagire. Ho capito che l'unica strada possibile era lottare, senza sperare di ottenere qualcosa, semplicemente era ciò che mi avrebbe permesso di sopravvivere'' di sentirmi viva. (ANSA).