Cultura

Arbib, la cacciata degli ebrei dalla Libia

In fuga da Tripoli verso Israele, 'una storia che narrata'

Redazione Ansa

(di Massimo Lomonaco) (ANSA) - TEL AVIV, 24 AGO - HERBERT AVRAHAM ARBIB. 'CIELO NERO' (Salomone Belforte & Co; pp. 341; 25 euro).Raramente un romanzo biografico - come l'autore definisce il suo libro - contiene tanta storia. Anzi il più delle volte in quei romanzi è proprio il privato a prendere il sopravvento a scapito della storia. Arbib ha invece documentato benissimo un passaggio decisivo della storia contemporanea: la cacciata degli ebrei dai paesi arabi alla fine degli anni '60. Un fenomeno - e l'autore con la sua vita si riferisce a quello della Libia - che ha coinvolto, secondo stime recenti, circa 700mila persone diventate profughe per il solo fatto di essere ebree in Paesi dove Israele e la sua nascita sono state considerati l'occasione per la loro espulsione, nonostante secoli e secoli di permanenza. Va ricordato infatti che, se nel conflitto mediorientale ha un suo peso il problema del ritorno dei profughi palestinesi, altrettanto lo ha - quello parallelo - cittadini ebrei cacciati da Libia, Siria, Libano, Iran, Algeria, Tunisia e via dicendo. Arbib ha raccontato con grande proprietà di linguaggio l'irruzione della Storia in una piccola Comunità attaccata alle sue tradizioni e quasi interamente di formazione italiana. "Avevo l'impressione che anche noi - ha detto Arbib all'ANSA - avevamo una storia, e che era giusto raccontarla".
    Ispirazione letteraria - ha spiegato l'autore - è stata la lettura all'epoca del romanzo di Amos Oz 'Una storia di amore e di tenebra'. Ma soprattutto da un viaggio a Roma con la nipote e dall'ammissione di un suo vecchio amico andato in Italia dopo l'espulsione: "quelli fra noi che sono immigrati in Israele hanno preso la decisione giusta". "Così - ha aggiunto - ho deciso di scrivere un romanzo sulla nostra storia. Avevo solo un'idea vaga di quello che avrei scritto, ma poi come spesso accade la scrittura ci porta dove vuole. Ricercando gli avvenimenti, intervistando persone e leggendo per cercare di riempire 'buchi', ho capito che per comprendere occorre anche tornare indietro nel passato, a volte molto indietro". Da questo 'tornare indietro' emana così un affresco estremamente nitido e dettagliato di una società, di una cultura, di una civiltà scomparse. Simili, ma non eguali, a quelle cancellate dalla pratica omicida nazista nell'est Europa durante la Shoah. Il libro di Arbib riesce a fare della memorialistica un ritratto potente della caduta di un mondo finora poco conosciuto oltre gli addetti ai lavori. Ma soprattutto della capacità pratica e ideale di saper uscire da una crisi epocale dandole uno sbocco.
    E questo non poteva che essere Israele e la sua costruzione. A sottolinearlo è lo stesso autore: "dopo aver scritto tutto e riletto, ho capito che il libro ha una tesi: 'Israele sarà capace di realizzare il sogno del sionismo?". La risposta dell'autore è affermativa, ma non senza dubbi, come è giusto che sia. "Avremmo potuto fare - ha detto - un lavoro molto migliore.
    E tuttavia avevamo la consapevolezza del fatto che questo era l'unico Paese che ci voleva, e che potevamo considerare nostro".
    Non tutti gli ebrei cacciati dalla Libia hanno fatto la scelta di Arbib, ma la strada da Tripoli a Gerusalemme per l'autore e la sua famiglia è stata l'unica scelta possibile. Il libro sarà presentato il 1 settembre all'Istituto italiano di cultura di Tel Aviv. (ANSA).
   

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