CARLA DEL PONTE, PER LA GIUSTIZIA (ADD EDITORE, PP.176, 18 EURO) - "Spiccare un mandato di cattura internazionale per Putin dovrebbe essere il primo e il più importante atto da parte della comunità internazionale cosa che, purtroppo, non porterebbe al suo arresto, ma rappresenterebbe una forte presa di posizione collettiva": inizia con l'accusa al presidente russo di essere un "criminale di guerra" al pari di Slobodan Milošević l'ultimo libro di Carla Del Ponte dal titolo "Per la giustizia", in uscita il 22 aprile con Add Editore.
L'autrice, che nella sua lunga esperienza come diplomatica e giudice è stata anche Procuratrice capo presso la Corte penale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia e per il genocidio in Ruanda, ribadisce la necessità non più prorogabile di raggiungere una vera ed equa giustizia internazionale. Partendo dall'attualità del conflitto russo-ucraino, Del Ponte, attesa il 10 aprile ad Ascona dove parteciperà alla giornata conclusiva della decima edizione del festival "Eventi Letterari Monte Verità" dedicata all'Ulisse di Joyce, allarga poi lo sguardo sui Paesi, tanti ancora purtroppo, in cui viene violato il diritto internazionale. "Se vogliamo che il mondo sia migliore, dobbiamo risvegliare la comunità internazionale e restituire la debita importanza alla tutela dei diritti inalienabili di cui tutti dovrebbero godere; senza la giurisdizione internazionale ciò non è possibile", scrive.
Mentre assistiamo impotenti alla barbarie dell'uomo contro l'uomo, in giorni tragici in cui incessantemente giungono notizie e immagini terribili dal fronte ucraino che sconvolgono (e dividono) l'opinione pubblica, questa lettura appare ancora più necessaria: "Per la giustizia" si configura infatti come un appello che è anche una testimonianza e insieme una autorevole ricostruzione storica, condotta da chi per anni ha dato la caccia ai criminali di guerra per restituire giustizia e dignità alle vittime, spesso dimenticate.
La chiarezza scandisce pagine dense di spiegazioni e fatti storici, in cui si ripercorrono i processi di Norimberga e Tokyo, le attività dei Tribunali per l'ex Jugoslavia e il Ruanda, gli eventi e le impunità della guerra in Siria, e si prendono in esame origini e funzioni dell'Onu, della Convenzione di Ginevra, del Consiglio d'Europa, della Corte penale internazionale permanente fondata sullo Statuto di Roma del 17 luglio 1998, ratificato da 123 Stati. Capire come si può attuare la giustizia internazionale è infatti l'unico modo per evitare una "doppia narrazione della storia", il proliferare di fake news e verità distorte, costruite ad hoc, che alimentano a loro volta i conflitti.
Quella di Del Ponte però è una riflessione profondamente amara, sebbene mai rinunciataria perché "la battaglia per la giustizia ricomincia ogni giorno". Tuttavia è un fatto che la giustizia internazionale si trovi "in una zona grigia fra diritto e politica, fra sovranità nazionale e responsabilità globale", che ha bisogno di una condizione fondamentale per essere raggiunta: la volontà politica, proprio quella che oggi purtroppo manca e che è indispensabile per perseguire crimini di guerra e contro l'umanità. "L'applicazione del diritto internazionale viene accettata finché non tocca gli interessi nazionali", afferma senza mezzi termini l'autrice, chiamando in causa le potenze mondiali, Usa e Russia in primis.
Ma Del Ponte punta il dito anche contro l'Onu, istituzione debole, che andrebbe riformata e che si è rivelata "incapace di adempiere al proprio mandato, cioè mantenere la pace, la democrazia e il rispetto dei diritti umani. Un'incapacità evidente da dieci anni anche in Siria, dove il diritto internazionale e i diritti umani continuano a essere calpestati", denunciando la mancanza di "un'autorità internazionale indipendente che imponga il diritto ai singoli Stati". (ANSA).
Carla Del Ponte, Per la giustizia
Da ex Jugoslavia a Ucraina, crimini di guerra e fallimento Onu