SACHA NASPINI, ''LE NOSTRE ASSENZE'' (E/O, pp. 174 - 16,00 euro) - E' credo il malcontento la cifra di fondo dei libri, dei personaggi di Sacha Naspini, esemplificato nel suo romanzo più importante, appunto ''Le case del malcontento''. Questo sentimento di scontentezza, di una desiderata , conquista sentimentale o materiale che però è costata cara e magari poi ha pesantemente deluso e quindi pesa e rende rancorosi, si muta in infelicità e rabbia, segna e danna la vita di cui si è come prigionieri, e allora il punto diventa, per chi ce la fa, ''aprire un varco e sbucare da qualche parte''. E' così, con questa frase, che termina ''Le nostre assenze", romanzo uscito dieci anni fa e oggi riproposto dalle Edizioni E/O dopo il successo degli altri libri, da ''Ossigeno'' e ''Nives'' a ''La voce di Robert Wright'', di questo scrittore maremmano, e aggiungiamo questo aggettivo non per rendere locale la produzione di Naspini, ma perché è proprio un carattere, è credo una radice storica di quel malcontento che sempre finisce per indagare.
Qui poi tutto si innesta nella psicologia elementare di un bambino di dieci anni e di famiglia piccolo borghese, egoista per quanto si sente invaso da un compagno di scuola, Michele, che viene ''dallo sprofondo della spazzatura'', una famiglia povera e che vive in un angolo di paese abbandonato, e verso cui il protagonista e io narrante si sente sempre in credito per i giocattoli, i vestiti, il mangiare che gli vengono dati ogni sera, quando puntuale si presenta alla porta. E dando voce a questo giovanissimo personaggio, non con una lingua infantile mimetica ma con una scrittura semplice e diretta, senza infingimenti adulti, nel raccontare e nel descriversi, l'autore va verso i suoi libri più duri, che fanno da contraltare a quelli narrati in fondo con tenerezza e anche un filo di ironia nel loro dolore e perfidia, nel loro malcontento. Un bambino che si sente tradito dalla vita e segnato da un padre disattento, che racconta storie fantasiose e che un giorno arrivano a cercare i carabinieri, perché lavora all'Enel, ma fa il tombarolo e traffica clandestinamente in oggetti archeologici, il che lo rende però agli occhi del figlio anche una specie di avventuroso pirata che rischia per cercare di fare tanti soldi e andare nella mitica America.
Nascerà infatti in questo bambino - per di più grassottello e preso in giro dai compagni, mentre Michele crescendo si fa un bel ragazzino - un desiderio di emulazione, il sogno di una scoperta che renda ricchi risolvendo tutti i problemi. E la scoperta arriverà, col casuale rinvenimento di quella che potrebbe essere una tomba etrusca in un bosco da parte di Michele, che però corre a coinvolgere l'amico per riconquistarlo, dopo che il grave comportamento di suo padre lo ha fatto allontanare dalla casa del protagonista.
E qui inizia la storia vera, quella che comincia a bruciare proprio quando dà soddisfazione grande, che segna nel profondo, che sconvolge l'esistenza tra rabbia e incubi, sino a cercar di prendere tutto a pugni e iniziare un possibile sfogo, un dolorosissimo percorso di liberazione. Che come per i ragazzi di ''Ossigeno'' prigionieri dei meccanismi mentali messi in moto dal male, anche qui, dopo il nero, si chiude per questa anima prigioniero tutto nel segno della speranza. Una storia che inizia in modo semplice, per molti caratteri assolutamente autobiografica, che racconta un quotidiano di paese, una vita di famiglia, una mamma molto giovane che, lasciata dal papà, si ritrova libera e si mette a godersi la vita come appunto una donna di 26 anni, una nonna prigioniera del ricordo del suo primo amore e che si arrabatta facendo i tarocchi alla gente e occupandosi del nipote, e poi comincia scavando nel profondo sino a far crollare tutto addosso. Così si sarà costretti a fare i conti con i veri valori, che non sono i soldi e l'America, ma scoprire chi si è veramente, chiudendo i conti col passato, come fa anche la nonna, e riuscire a vivere in pace con se stessi, cosa che Naspini, coinvolgendoci, fa sempre capire quanto sia difficile e sia cosa da conquistare con impegno e magari sofferenza.