EDGAR HILSENRATH, 'IL NAZISTA & IL BARBIERE' (MARCOS Y MARCOS, PP. 368 - 20 EURO - TRADUZIONE DI M.
Finalmente un libro davvero irriverente, che per questo ha dato fastidio a molti che gli hanno reso difficile la vita per anni, molto divertente per contenuto caustico e per la felicità ironica della scrittura, dell'affabulazione apparentemente mimetica, diretta e coinvolgente che ricorda molto quella del praghese Jaroslav Hasek e del suo 'Buon soldato Sc'veik'.
Questo romanzo del tedesco Hilsenrath, nato nel 1926 e morto nel 2018, uscì per la prima volta in inglese in America nel 1971, dove fu subito un successo, nel '73 ebbe una prima edizione italiana, mentre nel suo paese, in Germania, non trovò chi fosse disposto a pubblicarlo sino al 1977, quando fu poi accolto da una recensione entusiasta di Heinrich Boll che scrisse: "I primi capitoli fanno male... poi si assiste al miracolo, il romanzo prende il volo e dispiega una poesia sobria, pacata". E' infatti la prima parte, narrata in prima persona da Itzig Finkestein che allora era ancora Max Schulz, che può colpire l'orgoglio tedesco assieme al senso di colpa relativamente al passato nazista e la persecuzione antiebraica.
Un racconto, quindi, dal punto di vista del carnefice, con caustici e comici tratti caricaturali. Siamo infatti nella cittadina di Wieshalle dove Max, ariano puro ma con i ricci e il naso adunco, cresce col coetaneo Itzig, ebreo biondo, figlio del miglior barbiere del posto e padrone del Salone L'uomo di mondo, dove lui impara il mestiere. Tutto fila liscio finché Hitler non arriva in città a il suo discorso conquista Max, che si iscrive subito al partito nazista sperando presto prenda il potere.
Grazie a un amico riesce poi a entrare nelle SS e partecipa sin dall'inizio alla persecuzione degli ebrei, dalla Notte di cristalli sino a operare in prima persona allo sterminio in Polonia, che racconterà senza infingimenti e emozioni in tutta la sua terribile organizzazione: "Avete idea di come si fucilano trentamila ebrei in una foresta? E avete idea di che effetto può fare a uno che non fuma? Fu così che imparai a fumare".
Tornato fortunosamente dalla Polonia, finita la guerra, si reca a Berlino a casa di Frau Holle, vedova con "una gamba ariana e una non ariana" di legno del suo amico e commilitone Gunther ucciso dai partigiani, violentata 59 volte dai russi al momento del loro arrivo a Berlino. A lei racconta la sua storia e mostra un sacco pieno di denti d'oro delle sue vittime con cui ha in mente di farsi una nuova vita, con la convinzione che, dopo la guerra, la cosa migliore sia farsi ebreo. Da un ex collega SS si fa tatuare sul braccio un numero con la A di Auschwitz, si fa anche circoncidere e prende l'identità del vecchio amico Itzig Finkenstein, dandosi alla borsa nera.
Fedele al suo personaggio si trasferisce quindi in Palestina dove combatte per la nascita del nuovo stato ebraico. Vive in un kibbutz e poi riprenderà il suo mestiere di barbiere, sempre inseguito dai fantasmi del suo passato che nasconde in mille modi e organizzando strategicamente la sua nuova vita.
Un romanzo quindi terribile eppure letterariamente godibilissimo, storia di una sorta di picaro nero piena di invenzioni e colpi di scena, ma con la coscienza di farne una denuncia forte proprio per la sua vena grottesca e paradossale, perché "l'antisemita è come una persona che ha un cancro, un male così profondo che non si può estirpare". E l'autore, ebreo tedesco sfuggito allo sterminio rifugiandosi in Romania da dove sarà deportato in Ucraina sino all'arrivo dei russi, lo sa bene e appunto lo sottolinea. Sionista, anche lui andò in Palestina, ma per migrare negli Stati uniti nel 1951, dove scriverà questo libro, prima di tornare in Germania nel 1975. Una riflessione amara sulla storia del Novecento, sulle responsabilità individuali e i movimenti collettivi, sul tentativo di dimenticare e cancellare il passato, come per anni accadde in Germania prima di arrivare a farci conti seri.
Hilsenrath, va sottolineato, è un grande scrittore, potremmo accumunarlo per certi versi a Grass, e in italiano troviamo altri due suoi romanzi (editi da Voland), sempre con la sua impronta irriverente, il divertente 'Orgasmo a Mosca' e il notevole 'Notte', racconto molto duro su cosa accade quando delle persone, come gli ebrei sotto il nazismo, come il protagonista Ranek nel ghetto di Prokov nel 1942, sono portate alla disperazione, a toccare il fondo della propria umanità in nome di un qualche tentativo di sopravvivenza. (ANSA).