Cultura

Dario Voltolini, 50 anni dopo addio al padre

da banco macellaio bellissimo racconto di fisicità e sentimenti

Redazione Ansa

(di Paolo Petroni) (ANSA) - ROMA, 09 APR - DARIO VOLTOLINI, ''INVERNALE'' (LA NAVE DI TESEO, pp. 140 - 17,00 euro) - Un bel libro, perché ogni discorso è intrinseco e non esplicitato, sulla carne, sul corpo, sul suo degenerare e essere mortale, sull'implacabile procedere sempre della vita. E assieme, e anzi, prima di tutto un libro su un uomo che con la carne e la sua mortalità ha consuetudine e quell'uomo è Gino, il padre macellaio del narratore che ce ne offre un ritratto solido e umanissimo, seguendolo nel nascere e procedere della sua malattia sino alla morte, che lo coglie mentre torna a casa in ambulanza. Un libro che merita di essere nella dozzina del Premio Strega quindi.
    Il nonno allora quasi accusa il nipote: ''E tu non eri neanche là'', frase che inizia a scavare e scendere il lui, ''sento che arriverà nel punto più intimo per finalmente detonare'', se non fosse che una cugina che era in ambulanza gli dice che mentre il padre moriva ha detto: ''Salutatemi Dario'' e questo ''blocca l'ordigno... lo ferma lì, dove è tuttora, ma io ci sono ancora''. Si era infatti negli anni Settanta e i cinquanta anni passati hanno dato alla scrittura, al racconto una solidità, una sfaccettatura e una luminosità da diamante.
    Si vedano le prime, e poi le ultimissime pagine, nella loro sostanziale diversità, come siano virtuosistiche, come sappiano giocare e scegliere le parole e le costruzioni delle frasi, per arrivare vive e vere, prima in una descrizione del lavoro del padre al suo bancone al mercato, come sceglie, incide, taglia la carne (''Lui sta dalla parte delle bestie. Anche se le ammazza.
    Anche se le spolpa e le disossa. Anche se le trita, le apre, le affetta. Le accoltella. Le spacca. Le caccia''), poi, infine, come cerchi di riferire senza una sbavatura, una virgola in più, le sue reazioni alla morte, al suo sentirla tra sentimenti e fisicità. E' uno dei pochi momenti in cui l'io prevale, ché altrimenti il racconto e sul padre, con la sua passione per il calcio, che si farà metafora in più di un'occasione, e il rapporto di lui col male, dal giorno in cui, quasi un presagio, si taglia un dito, a quando inizia a sentirsi più stanco, al momento in cui scopre una strana ghiandolina sul collo e inizia un'odissea perché si riesca a fare una diagnosi. Eccolo allora colto di spalle sul letto mentre cerca su un'enciclopedia di capire di cosa si tratti.
    Certo si parla di cure, dell'azione che si spera riesca a fare la Vincristina, delle andate e i ritorni da Parigi, dove a Villejuif c'è un centro all'avanguardia nella cura di quel tipo di tumori, ma il tema è quello del tempo ''che scivola fuori degli orologi'', dell'attesa, di un responso, di un effetto, di un controllo, della fine. Il padre oramai è chiuso ''al centro del suo globo'' (''E' un lago di pietra perpetua che si intravede in un baleno di notte, à uno stato'') e la cosa appare evidente il giorno del suo compleanno durante un pranzo organizzato per festeggiarlo.
    Anche il narratore, il padre oramai assente dal mercato, dà una mano per quel poco che sa, lava per esempio la trippa (''Sono alveari? Sono strisciature? Ci sono quelle retine che sembrano merletti di Burano, hanno avuto una funzione negli addomi degli animali''), si parla di interno e di esterno, di quel che avviene nel corpo e si manifesta fuori mentre la terapia procede e il padre torna a casa dalla Francia andando veloce, senza togliersi il cappotto, al frigo a stappare una bottiglia di rosso ''a dissetare, a rinfrescare la gola in fiamme''.
    Un racconto che tutto nella misura dell'intimità che rivela e la qualità del tono di quel quotidiano che racconta, fuori quindi da ogni sentimentalismo o retorica, di cui coglie abitudini, cambiamenti, sentimenti tra i quali si insinua la novità, riferiti con una lingua precisa, leggera e incisiva come i coltelli del padre, capace di cesellare ripulendo e esporre ogni particolare in questo 'invernale' diario a posteriori, pieno di poesia. (ANSA).
   

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