Cultura

Ennio Morricone, il genio, l'uomo, il padre

Il figlio Marco con Valerio Cappelli per un ritratto inedito

Redazione Ansa

(di Elisabetta Stefanelli) (ANSA) - ROMA, 03 GIU - MARCO MORRICONE E VALERIO CAPPELLI, ''ENNIO MORRICONE. IL GENIO, L'UOMO, IL PADRE'' (Prefazione di Aldo Cazzullo. Dal 4 giugno per Sperling & Kupfer, pag. 257, Euro 19.90).
    ''Forse la verità è che una parte della sua mente, ovunque egli fosse, non smetteva mai di pensare in musica''. Una musica che ''scava nell'anima di chi la ama e porta alla luce qualcosa che resta''. Lo racconta Marco, il primogenito dei quattro figli di Ennio Morricone - con Alessandra, Giovanni e Andrea - in un libro che nasce da una serie di lunghe conversazioni con Valerio Cappelli, giornalista e scrittore , che è diario, romanzo, racconto inedito, pieno di arte e di umanità, la difficile umanità di chi condivide la vita con un genio che a cinque anni ti chiude davanti agli occhi la porta del suo studio.
    Golosissimo di cioccolata, una giovinezza difficile, pur in una famiglia borghese, studi che si erano dovuti interrompere alla terza media, ed una fame da colmare accumulando oggetti.
    Mangiava pochissimo Morricone, si sarebbe potuto vestire con un saio, era ''maledettamente superstizioso''. Il suo primo impego da archivista in Rai, alla fine degli anni Cinquanta durò solo un giorno nonostante lo avesse ottenuto la moglie, assistente di Fanfani, con una lettera di raccomandazione ''rubata'': ''se non posso far suonare la mia musica che ci sto a fare qui?'' Solo quello contava nella sua vita, una passione permeante, totalizzante, assoluta.
    Marco, che dopo la distanza dell'infanzia si mise a disposizione del padre totalmente, dal 1995 fino al 2019 ''anno dell'ultimo concerto a Lucca'', lo racconta così in prima persona in questo libro a cuore aperto pieno di dettagli intimi ed inediti. Costante la presenza della moglie, sua prima consigliera, che se ne occupava cercando di metterlo in rapporto con il mondo che lui disdegnava, come la tecnologia per esempio.
    Non parlava nemmeno inglese, anche se a casa si intratteneva con Warren Beatty, Brian De Palma, Barry Leninson. Tutti lo cercavano sul cellulare di lei, come quella volta in cui chiamò Mina che voleva fare un disco con lui ma non se ne fece nulla. È un elenco di musica che nessuno potrà mai dimenticare del resto, questo che il figlio Marco mette in fila parlando in queste pagine, che fossero gli arrangiamenti da cui iniziò o le immortali colonne sonore.
    Musica che risuona ancora oggi nelle nostre orecchie ogni giorno e che fece di quest'uomo schivo un gigante, una rock star, conosciuta in tutto il mondo con fan giapponesi che lo inseguivano, e persino un piccolo paese greco completamente invaso dal suo volto nei murales sulle case. Le case, così importanti nella vita di Morricone che lì, nel suo studio, passava la maggior parte del tempo. Egoista al punto da portare tutta la famiglia a Mentana, in una villetta sperduta nel nulla della campagna, perchè comoda per lui che ne usciva solo per andare alla Rcs: ma lì passavano Luis Bacalov, Morandi, Endrigo, Lucio Dalla.
    Lì un giorno si presentò anche Sergio Leone, erano stati compagni di classe alle elementari e fu come se si ritrovassero due bambini. Anche gelosi come quella volta che Leone mentì a Kubrick per non far fare a Morricone la musica di Arancia Meccanica. Ma quando morì lasciò un vuoto enorme nella vita di Ennio Morricone. Un vuoto come quello che anche lui lasciò alla sua scomparsa, nella sua famiglia. ''Cosa mi ha insegnato quel grande solitario di mio padre? Se devo esprimermi in poche parole, secondo il suo stile che è anche un po' il mio, direi il rigore, la serietà, la sobrietà, l'onestà intellettuale, la voglia di lavorare non tirandosi mai indietro e di mettersi sempre in discussione''. (ANSA).
   

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