Cultura

La principessa Lampedusa di Cappuccio

affascinante romanzo su una donna la guerra e fine d'una società

Redazione Ansa

(di Paolo Petroni) (ANSA) - ROMA, 11 LUG - RUGGERO CAPPUCCIO, ''LA PRINCIPESSA DI LAMPEDUSA'' (FELTRINELLI, pp. 366 - 20,00 euro) - Un bel romanzo su un'anziana nobildonna siciliana, Beatrice Mestrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò principessa di Lampedusa che il nove maggio 1943 torna a Palermo dal suo rifugio, nel tempo di guerra, di capo d'Orlando e si confronta con le macerie della città che viene continuamente bombardata per preparare lo sbarco alleato. Certa che ''nessuna cosa al mondo sia inanimata'' e nemmeno il suo palazzo, vi torna trovandolo semicrollato e con buchi nel tetto: rovine che materialmente e metaforicamente sono personali e soprattutto di classe, ma per lei è quel che rimane dei suoi ricordi e della sua vita e il luogo da cui pensare a una rinascita, specie per l'amatissimo figlio, quel Giuseppe Tomasi che scriverà ''Il gattopardo''.
    Ruggero Cappuccio, uno dei drammaturghi più interessanti della sua generazione rivelatosi a inzio anni Novanta, autore oramai anche di alcuni romanzi, torna a raccontare il suo amato sud, la grandezza, la sua decadenza, i suoi guasti, questa volta puntando sulla Sicilia, giocando sapientemente tra realtà storica, leggende e fantasia dello scrittore che ha dimostrato in più occasioni e testi di saper fondere e germogliare l'una nell'altra sin da quello ''Shakespea Re di Napoli'' diventato anche un film lo scorso anno.
    Nasce così una avvincente figura di donna difficile da dimenticare nella sua nobiltà vera, innanzitutto d'animo, la sua indipendenza, la sua vitalità che la mettono al di sopra di tutte le paure e le meschinità del momento e specie di quell'altisonante aristocrazia borbonica siciliana che resterà quasi sepolta sotto le bombe mentre nasce una Sicilia nuova, popolare e anche al femminile. In quel disastro, partendo dal detto siciliano ''chi vive per l'oggi non muore mai'', capisce che è necessario chiudere col passato, e pensa di farlo alla grande, come si confà al suo casato, e assieme tira fuori la parte più vera e umana di se stessa in nome della propria dignità, con la coscienza di accettare i cambiamenti, perché sa bene che finita la guerra nulla sarà più eguale.
    Con una bella lingua con citazioni in siciliano, a ribadire il potere evocativo delle parole e il valore delle radici, un vero e proprio romanzo, di piccoli e grandi avvenimenti, di dialoghi e pensieri, con una sua leggerezza e assieme una capacità di farsi leggere e avvincere in quel racconto quotidiano e eccezionale, a partire dall'incontro casuale tra la principessa e la giovane Eugenia, ragazza di famiglia borghese (che non a caso ha finestre che guardano dentro Palazzo Lampedusa) vessata da un padre che le impedisce di continuare i suoi studi di fisica, volendo sposarla per suoi interessi e legami con mafiosi. Beatrice le farà da madre e amica più grande, la farà sue erede d'elezione e le indicherà la strada per l'emancipazione e l'indipendenza, aiutandola a scoprire chi sia, smettendola di lasciarsi andare e ''morire in vita''.
    Momenti intimi si succedono a pagine teatrali e eventi dal forte valore simbolico, come la vicenda del prezioso gioiello di famiglia e soprattutto il gran ballo in maschera che Beatrice organizza sotto le bombe per tutta la nobiltà palermitana nel suo palazzo diroccato. ''Ecco la verità, appartengo a una classe che per sopravvivere può soltanto mascherarsi'' e questo lei, per sé, non lo accetta, non accetta di ridursi come gli altri, che ''camminano nel deserto come Amleti dispersi'', incoscienti, segnati nella maggioranza dalla ''stimmate della stupidità''. E allora nessun rimpianto, ''che è un sentimento immobile concentrato su ciò che non può tornare'', ma abbandonarsi alla nostalgia, ''sentimento creativo, che guarda al passato soltanto per far nascere una ricerca sull'accaduto, che serva per andare avanti meglio che si può''. (ANSA).
   

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