Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad Alessandria per una serie di cerimonie legate al trentennale dell'alluvione che, all'inizio di novembre, causò la morte di 14 persone in città', 69 in tutto il Piemonte.
Ad accogliere il capo dello Stato il presidente della Regione Alberto Cirio, il sindaco di Alessandria Giorgio Abonante, il prefetto Alessandra Vinciguerra e il presidente della Provincia Luigi Benzi. "Sono un presidente fortunato - ha detto Cirio -, perché l'Italia è nata in Piemonte, è nata a Torino e questo fa sì che le celebrazioni per forza di cose arrivino sempre nella nostra regione. Poi, per me, accogliere il presidente Sergio Mattarella è sempre un motivo di grande orgoglio e anche di affetto. Peraltro sono passati pochi giorni dalla sua presenza a Torino per l'assemblea nazionale Anci e per il bicentenario del Museo Egizio. Oggi ritorna qua perché oggi è una giornata importante per il nostro Piemonte".
"Il presidente è una persona straordinaria, - ha aggiunto Cirio - mi permetto di dire che è una persona cui vogliamo bene, anche proprio affettuosamente. Abbiamo il profondo rispetto istituzionale del garante della nostra Costituzione repubblicana e antifascista, Ma abbiamo anche l'affetto personale di un uomo in cui tutti un po' ci riconosciamo. Ho stretto un legame con lui in occasione del periodo Covid: telefonava tutte le settimane e mi chiedeva 'Presidente, come va il Piemonte?' Io, ancora adesso, provo commozione a ricordare quei momenti. Abbiamo un grande grande presidente, teniamocelo stretto".
"Nelle tragedie, la Repubblica ha sempre saputo essere presente, con le Forze dell'ordine, i Vigili del fuoco, le Forze armate, la Protezione Civile - nata proprio sulle spinte dell'emergenza - il sistema delle autonomie locali, le energie della società civile - ha detto Mattarella -. L'Italia non si arrende. Fenomeni naturali avversi vedono in campo, in prima linea, l'esercito dei Sindaci, quella rete preziosa delle associazioni di volontariato: gli "angeli del fango" come sono stati definiti".
"Siamo qui, oggi, a ricordare l'alluvione che, trent'anni or sono, inferse una ferita al Piemonte. Settanta morti, cinquecento feriti, migliaia di sfollati, decine e decine di migliaia di posti di lavoro compromessi. La piena del Tànaro, del Bormida, del Belbo, sino al Po, colpì Ceva, Alba, Asti, Alessandria, con quattordici vittime, Canelli, Garessio, Acqui, Casale Monferrato, Santena, Crescentino, Trino, Bra… Quasi trecento i Comuni colpiti, allagati. Completamente isolati gli ospedali che vi erano a Bra, Canelli, Fossano, Nizza Monferrato. Colpite in varia misura le province di Cuneo, Asti, Alessandria, Torino, Vercelli che, con Varallo, pagò anch'essa l'altissimo tributo di quattordici vittime. L'evento alluvionale più grave dell'intero Novecento in Piemonte, secondo l'Agenzia regionale per la protezione ambientale. Le tragedie lasciano tracce irreversibili nel cuore e nella mente delle persone, nei luoghi. Dopo una catastrofe nulla è più come prima. Fare memoria non è soltanto un esercizio di sensibilità e di rispetto nei confronti delle vittime e di coloro che sono rimasti segnati da quelle esperienze. E' anche un esigente appello al senso di comunità e alla responsabilità di quanti ne hanno titolo".
"Esiste un ulteriore profilo, rispetto al quale, fortunatamente, è cresciuta la consapevolezza: le risorse del pianeta non sono infinite. L'intervento dell'uomo è determinante nei due sensi. Il confronto nell'ambito della comunità internazionale ne sta dando allarmante conferma. Non solo per la inadeguata consapevolezza di quel che sta accadendo nel mondo, con siccità, carestie conseguenti, migrazioni climatiche, ma anche perché, il clima di scontro, determinato dalle guerre, accantona la preminenza dei problemi reali delle persone, dei popoli, a vantaggio di antistoriche logiche di potenza, prive di qualsiasi valore, allontanando la condivisione di obiettivi a favore del benessere dell'umanità".
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