Economia

Governo a Ue, ecco perché rispettiamo i patti

Urgente evitare austerity per non danneggiare economia

Redazione Ansa

Un documento di venti pagine per comunicare all'Unione Europea che l'aggiustamento strutturale per il 2015 sarà solo dello 0,1%, per salire allo 0,5% nel 2016, quando inizierà a scendere il rapporto debito-Pil dopo due anni di salita legati proprio all'impatto delle misure di riforma. E' quello che il governo ha mandato a Bruxelles per illustrare gli effetti della legge di stabilità sui conti pubblici italiani e, quindi sul rispetto più o meno rigido delle regole imposte dai trattati europei. I tecnici dell'esecutivo hanno infatti inserito nel testo un riquadro ad hoc per motivare, con chiari riferimenti normativi, i motivi per cui l'Italia sta rispettando comunque i Patti Europei e quindi non deve essere sottoposta a procedura d'infrazione.

"Allo scopo di riportare l'economia su un percorso sostenibile di crescita, il governo ha pianificato un ambizioso pacchetto di riforme strutturali", per finanziare le quali, l'Italia "utilizzerà nel 2015 la flessibilità garantita dalla legislazione nazionale (legge 243/2012 sul pareggio di bilancio) ed Europea", scrive l'Italia a Bruxelles. Il Governo ricorda che "in caso di attuazione di riforme con un impatto positivo sulla crescita (l'Italia prevede un effetto riforme di 0,1 punti sul Pil nel 2015 e di 0,4 punti nel 2018, ndr) e sulla sostenibilità dei conti, la Commissione e il Consiglio Ue possono decidere di rivedere le tappe di avvicinamento ai target Ue e permettere temporanee deviazioni verso l'obiettivo di Medio Termine dei singoli Paesi". Il Six Pack chiede infatti, per l'Italia, un aggiustamento del saldo di bilancio strutturale dello 0,7% come tappa per la piena sostenibilità dei conti, ma ammette scostamenti in presenza di "motivate eccezioni" sulle quali l'Italia intende puntare con forza. Infatti, spiega il testo inviato alla Commissione, "la deviazione temporanea è permessa, considerata la garanzia di un appropriato margine di sicurezza rispetto al tetto del 3% del deficit e considerato che la posizione di bilancio ritornerà nei target previsti all'interno dell'orizzonte temporale predefinito, cioè entro il 2018".

La chiave del ragionamento, comunque, risiede nel Pil potenziale (ovvero il livello di Pil massimo raggiungibile dall'economia italiana) che, raffrontato al Pil reale e depurato dagli effetti del ciclo e delle una tantum rappresenta la base per il calcolo dell'aggiustamento strutturale. Una notevole distanza fra Pil reale e Pil potenziale (il cosiddetto 'output gap') mostrerebbe quanto il ciclo sfavorevole ha inciso sulla crescita del Paese. Ma secondo i tecnici del Tesoro, le stime del Pil potenziale italiano prodotte dall'Unione Europea sono eccessivamente negative (da +1,4% pre-crisi a -0,2% post-crisi) e non evidenzierebbero a pieno lo scarto fra Pil reale e potenziale prodotto dalla crisi. Non solo, scrive il Governo, con una stima del Pil potenziale più realistica, ad esempio pari al +0,4% post-crisi, il saldo di bilancio strutturale sarebbe in regola con i parametri Ue già dal 2012. E' per questo, conclude il documento, che "è ancora più urgente evitare politiche macroeconomiche restrittive" in grado di penalizzare il Pil potenziale. "Paradossalmente, il modello utilizzato a livello europeo fornisce forti argomenti a quelli che abbracciano l'idea di un consolidamento dei conti più graduale".

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